140 anni di Funiculì funiculà (Quarta e ultima parte) – Storia e storie della Funicolare vesuviana

Il 10 giugno del 1880 iniziò una straordinaria epoca per il turismo vesuviano. Il primo impianto di risalita al mondo realizzato su un vulcano attivo era finalmente aperto al pubblico e iniziava il suo regolare esercizio. Termina con questo articolo, sempre insieme a un ricco corredo di immagini, il nostro racconto di tutte le tappe fondamentali di questa impresa, per ricordare e omaggiare la Funicolare vesuviana nel suo 140° anniversario. Anche se essa è ormai solo storia, ma forse mai come oggi sarebbe necessaria per una veramente ecosostenibile ascesa vesuviana.

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Fotografia zenitale del cratere del Vesuvio intorno al 1920. Il fondo del cratere inizia a riempirsi di nuovo di lava solidificata emessa dal conetto interno. Sul bordo si notano i ruderi della stazione lesionata nel marzo del 1911, più a valle la nuova stazione della funicolare e parte del tracciato. (collezione L. Scarpato)

Gli anni d’oro

Come abbiamo visto precedentemente, nel 1910 entrò in servizio il quarto e ultimo impianto della funicolare del Vesuvio.

La Cook, come logico che fosse, fece di tutto per far crescere l’attrattiva del suo impianto. Nelle pubblicità si sottolineava l’unicità della ferrovia, la sola al mondo a salire su un vulcano attivo, e per ogni cliente dell’agenzia Thomas Cook che avesse prenotato un viaggio nel centro e sud Italia, veniva emesso in omaggio anche un coupon per la ferrovia del Vesuvio.

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Mappa del percorso della ferrovia Circumvesuviana col nuovo ramo costiero che passava per Resina (Ercolano) con la stazione nei pressi del santuario di Pugliano (collezione L. Scarpato)

Nel 1904 intanto era entrata in funzione anche la linea costiera della ferrovia Circumvesuviana gestita dalla SFSM (Strade Ferrate Secondarie Meridionali). Grazie a questa un turista sbarcato a Napoli poteva ormai, in poco meno di un’ora, raggiungere comodamente il Vesuvio scendendo alla stazione Pugliano nel comune di Resina (Ercolano), da qui in pochi passi raggiungere la stazione della ferrovia Cook dove montare nel trenino azzurro che in pochi minuti di piacevole viaggio nella campagna vesuviana, che via via sfumava nel paesaggio vulcanico, raggiungeva la località San Vito e poi l’hotel Eremo, dove era possibile pranzare in lussuose sale o soggiornare per qualche giorno, e anche godere del panorama che  “è di una grandiosa bellezza forse unica al mondo. La curva del golfo, la collina di Posillipo, il Capo Miseno, le isole d’Ischia e di Capri e la bella Sorrento formano un quadro che si presenta nei toni più deliziosi, sotto un cielo azzurrissimo”. Da qui poi, sempre in Ferrovia, poteva proseguire fino alla Funicolare. Ultimo atto dell’ascesa al Vesuvio.

E così con gli impianti ripristinati e rinnovati, il Vesuvio che sonnecchiava placidamente, l’afflusso turistico tornò a crescere (anche se raramente a generare utili).

L’addio dei Cook

Nel 1926 fu fondata la nuova Società Anonima italiana Ferrovia e Funicolare Vesuvianaalla quale furono poi cedute dalla “Thomas Cook & Son”, tutte le concessioni e i diritti in essere sul Vesuvio, e quindi la gestione degli impianti della Funicolare, Ferrovia e relative aree demaniali. La Società inglese però mantenne il controllo della nuova Società e anche la proprietà dell’hotel Eremo (che fu ceduto solo nel 1950). Il passaggio societario si concluse definitivamente con un Regio Decreto del 1927, che riconosceva la nuova società come legittima concessionaria.

La famiglia Cook uscì di scena definitivamente nel 1928 con il pensionamento degli ultimi eredi e nipoti del fondatore. Fu probabilmente proprio in previsione di tale evento che furono alienati tutti gli interessi della famiglia sul Vesuvio.

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3 aprile del 1926, la Ferrovia nei pressi della stazione inferiore. Sul fianco del Vesuvio si nota l’impianto della funicolare in una foto ricordo della famiglia Heintz (collezione L. Scarpato)

A parte le mutazioni societarie e una nuova eruzione nel 1929 che però creò pochissimi danni, e un secondo grave incidente alla ferrovia il 28 novembre 1934, che causò 7 morti e 9 feriti, i decenni successivi al 1910 trascorsero tranquilli e il numero di viaggiatori era sempre molto consistente e numerose erano le corse straordinarie effettuate.

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3 aprile del 1926, parte del percorso della Ferrovia nei pressi dell’osservatorio vesuviano in una foto ricordo della famiglia Heintz (collezione L. Scarpato)

Una mesta ricorrenza, “L’ora delle decisioni irrevocabili”!

Il 10 giugno 1940, lo stesso giorno in cui si festeggiavano i 60 anni della Funicolare, l’Italia fece il suo ingresso nel Secondo Conflitto mondiale. La vita del Paese ne fu stravolta e com’è logico anche le attività intorno al Vesuvio iniziarono a subire qualche colpo. Il numero di turisti iniziò a diminuire ma nonostante ciò il servizio, sia della Funicolare che della Ferrovia, non fu mai sospeso.

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Fotografia dei primi anni 40. Soldati tedeschi della divisione Luftwaffe alla stazione Pugliano della Ferrovia vesuviana (collezione L. Scarpato)

Così fu anche quando nell’agosto del 1940 la Società, poiché controllata da una compagnia di uno “stato nemico”, venne sottoposta a sequestro secondo i dettami del Regio Decreto legge 28 giugno dello stesso anno. Ne fu nominato sequestratario il salernitano e consigliere del PNF Antonio Bifani, sindacalista e giornalista, già Deputato e Senatore del Regno, il quale fu autorizzato a proseguire l’attività degli impianti.

Nelle fasi finali del conflitto però, e fin dal loro arrivo a Napoli nell’ottobre 1943, le truppe alleate presero il controllo degli impianti e si sostituirono alla Società nella gestione della Ferrovia e funicolare.

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Alcuni militari delle forze alleate alla stazione inferiore della funicolare vesuviana intorno al 1943-44 (collezione L. Scarpato)

Il sogno vesuviano diviene solo un ricordo

Purtroppo al dramma della guerra si aggiunse una nuova tragedia. Il 18 marzo 1944 il Vesuvio inizia una nuova terribile fase eruttiva che terminerà solo il 7 aprile. La Funicolare è nuovamente, e stavolta definitivamente, distrutta. Uno spesso strato di lava incandescente pose il sigillo ai 64 anni di storia della Funicolare Vesuviana.

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Al termine dell’eruzione oltre alla funicolare sparì anche il caratteristico pennacchio del Vesuvio (collezione L. Scarpato)

In verità non mancarono progetti per il ripristino. A guerra finita gli alleati lasciarono il controllo degli impianti e la Società Ferrovia e Funicolare Vesuviana per ripagarli delle spese di gestione fu costretta a svendere il tutto alla SFSM che gestiva già la ferrovia circumvesuviana. Questa provvide velocemente a ripristinare la Ferrovia e dopo un primo progetto di ricostruzione della Funicolare l’idea, a causa degli alti costi, fu definitivamente abbandonata in favore della costruzione di una linea su Seggiovia, costata un terzo di quanto sarebbe stato necessario per una nuova funicolare. La Ferrovia invece, a causa dell’aumentare del traffico su gomma favorito anche dall’apertura di nuove strade, fu prima limitata alla tratta Eremo – Stazione inferiore e poi definitivamente soppressa nel 1955 e successivamente smantellata, seguendo l’identico destino di tante altre piccole ferrovie che in quegli stessi anni furono costrette a chiudere.

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Dopo la dismissione della ferrovia un gruppo di giovani passeggia sui binari durante una gita di pasquetta nella seconda metà degli anni 50 (foto di Vittorio Pandolfi)

Sulla portantina volante

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La nuova seggiovia del Vesuvio in una foto scattata dalla stazione inferiore poco dopo l’inaugurazione avvenuta l’8 luglio 1953. Si nota ancora qualche residuo di muro della funicolare (collezione L. Scarpato)

La stazione inferiore della seggiovia fu costruita sui resti di quella dell’ultima funicolare che era a circa 760 m di quota, il tracciato, correndo in linea retta, ricalcava invece quello della primitiva funicolare. La stazione superiore era posta a circa 1160 m di quota. L’impianto entrò in funzione l’8 luglio del 1953 con un padrino d’eccezione, il generale Umberto Nobile, che dalle imprese polari del Dirigibile Italia passò a quelle vesuviane della portantina volante; “gli era accanto un suo vecchio compagno della Tenda rossa, l’ingegnere Antonio Nervi nella nuova veste di consigliere di quella società che continuava a chiamarsi Ferrovia e Funicolare vesuviana ma che ben presto cambierà la sua denominazione in “Seggiovia ed autolinee del Vesuvio”. Il percorso, lungo circa 820 m e con dislivello di 400, veniva compiuto in 8 minuti, almeno teoricamente. Il nuovo impianto di risalita non ebbe mai molto successo a causa della scomodità del viaggio, che escludeva le persone anziane, ai continui disservizi dovuti ai venti in quota e ai frequenti blocchi dell’impianto, che costringevano le persone a restare sospese per aria spesso anche per un’ora. Anche lo scarso numero di turisti trasportabili contemporaneamente si rivelò un problema tanto che la società gestrice già nel 1976 avviò uno studio per la ricostruzione di una nuova funicolare, anche in previsione della chiusura della seggiovia. Infatti a causa della necessità di legge di rinnovare tutti gli impianti ogni 30 anni questa avrebbe dovuto chiudere nel febbraio 1983, fu concessa una proroga di altri due anni, per cui non si poteva andare oltre il febbraio 1985. In realtà la linea rimase in esercizio fino al settembre 1984, quando un fulmine danneggiò seriamente il cavo di trazione decretandone così la fine.

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Uno dei seggiolini conservato presso un bar ormai abbandonato è tutto ciò che resta della seggiovia del Vesuvio dopo lo smantellamento avvenuto nel 1985 (foto L. Scarpato, 2011)

Sarebbe stata necessaria una completa sostituzione degli impianti ma ormai il trasporto su gomma aveva vinto e anche a causa degli alti costi di gestione e gli scarsi ricavi, la Linea non fu più ripristinata.

L’Ultimo tentativo

Quest’anno ricorre anche il trentennale dei mondiali di calcio di Italia 90 e con esso oggi avremmo potuto festeggiare anche il trentennale di una nuova Funicolare del Vesuvio. Infatti per quella occasione fu deciso di ridare vita alla Funicolare vesuviana. La regione Campania bandì un concorso appalto, la cooperativa vincitrice affidò il progetto ad uno dei migliori architetti di Napoli, il professore Nicola Pagliara, esperto di ferrovie e probabilmente l’unico che era in grado di raccogliere l’eredità dei suoi predecessori.

Il progetto fu approvato, l’iter amministrativo concluso positivamente col rilascio delle numerosissime e necessarie autorizzazioni.

Si avviò il cantiere, i lavori avanzavano velocemente. Furono completate le fondamenta della stazione inferiore e la sala macchine, il tracciato era quasi completo, si doveva mettere mano alla stazione superiore. Sembrava fatta, si pensava già all’inaugurazione, a quando Luciano Pavarotti avrebbe intonato di nuovo Funiculì funiculà in cima al Vesuvio. Ma improvvisamente, la doccia fredda. Alcuni movimenti ambientalisti guidati dal WWF, novelle guide vesuviane nelle proteste contro la Funicolare, riuscirono con un ricorso a far sequestrare il cantiere, poiché a causa della mutata morfologia del Vesuvio dopo l’ultima eruzione la stazione superiore veniva a trovarsi in territorio di Torre del Greco, mentre invece era stato il comune di Ercolano rilasciare tutte le autorizzazioni. In realtà in quella zona il confine fu modificato autonomamente dal comune di Torre del Greco, e i nuovi confini non furono mai riconosciuti da Ercolano. Iniziò il balletto dei ricorsi e solo nel 2000 il Consiglio di Stato riconobbe la correttezza dell’iter amministrativo iniziale. Nonostante ciò ormai il danno era fatto, le imprese avevano già avuto i loro risarcimenti miliardari, i binari acquistati erano stati ormai montati alla funicolare di Montesanto a Napoli, la stazione superiore, già realizzata e solo da montare, fu deposta a marcire in un deposito di Avellino, e così le due vetture (una color crema, l‘altra amarena) però in un deposito di un’azienda di trasporti locale.

Insomma una di quelle storie all’italiana, fatte di spreco di soldi e inconcludenza, che ti fanno solo pensare, e ringraziare gli Oblieght o i Thomas e John Mason Cook o altri imprenditori stranieri loro contemporanei che, con le loro imprese, che poi sono diventate le “nostre” per storia e vanto, tanto prestigio hanno portato a Napoli e dintorni.

In conclusione la storia della Funicolare vesuviana si chiude con un finale amaro, con un “intoppo burocratico”, al quale non si è avuta capacità di porre rimedio in tempi ragionevoli, che ha lasciato aperta una ormai inutile ferita sul fianco del Vesuvio e una ancora più grande nell’ecosostenibilità dei trasporti sul Vesuvio, sdoganando definitivamente il trasporto su gomma, causa principale di inquinamento atmosferico ed acustico, oltre che di traffico, lungo la strada provinciale per il Vesuvio.

Ma chissà se è davvero stata scritta per sempre la parola FINE.

Leggi la prima parte della storia

Leggi la seconda parte della storia

Leggi la terza parte della storia


Riferimenti bibliografici:

PAGANO L., Il Vesuvio e i comuni vesuviani in «Le cento città d’Italia illustrate», Milano 1927.

GAMBONI A. NERI P., Funiculi Funiculà, Da Napoli al Vesuvio, ieri, oggi e domani, Napoli 1992.

SMITH P., Thomas Cook & Son’s Vesuvius Railway, in: «Japan Railway & Transport Review» n 15, 1998.

CHIARO G. BEVERE E. COZZOLINO A., Intorno al Vesuvio ed oltre, Napoli 2008.

RICCIARDI G. P., Diario del monte Vesuvio, Torre del Greco 2009.

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