1958, l’ultimo viaggio del Dakota C47
L’altro incidente aereo del Monte Somma, spesso confuso, nelle nebbie del passato, con quello del 1964 ma altrettanto drammatico e letale. La pietas del ricordo nel nostro articolo.
Altro elemento di non secondaria importanza di questo nostro viaggio nel passato è quello di un altro incidente aereo, precedente al disastro della Pasqua del 1964. Qui le notizie sono però più scarne poiché l’aereo in questione apparteneva alle forze aeree degli Stati Uniti d’America e, se si escludono i comunicati stampa e le romanzate cronache dell’epoca, anche in questo caso ci si può solo affidare ai testimoni diretti di ciò che avvenne e comprovare la rischiosità, almeno statistica, del Somma di quei tempi.
Il Dakota C47 delle forze armate USA era giunto alle ore 22.02 di sabato 16 febbraio 1958 presso l’aeroporto di Capodichino, proveniente da Wiesbaden e diretto a Istanbul. Dopo aver fatto regolare rifornimento di carburante riprendeva il suo viaggio alla volta del suo prossimo scalo in Grecia. Ma alle ore 22.30, secondo il Mattino del 20 febbraio, si perdevano i contatti col bimotore e con il suo carico di 16 uomini a bordo.
In questo caso la cronaca combacia con la testimonianza del nostro Aniello, caro amico e fonte infinita di ricordi, che ci immette d’improvviso in un passato recente quando, possedere un binocolo significava ancora avere un oggetto da tramandare ai propri figli e non di facile reperibilità. Mercoledì 19, uno strano luccichio che proveniva dal lato nord dei Cognoli aveva attratto l’attenzione di un altro Raffaele, vigile urbano di Pollena, che procuratosi un binocolo era riuscito a scorgere, tra la neve che da un paio di giorni ricopriva la Montagna, il timone dell’aereo che, a mo’ di banderuola, sventolava mosso dal vento e rifletteva la luce solare.
Fu così che, dopo quattro giorni di inutili ricerche congiunte Italia/USA, si era finalmente trovato l’aeroplano disperso. Inutile dire che la curiosità dei locali era tanta e tale che spinse in molti lungo le pendici del Somma. Aniello ricorda ancora che i più si sistemarono, a riverente e prudente distanza sugli speroni rocciosi dell’antica caldera per osservare le operazioni di recupero delle salme dei militari, tutti deceduti nell’impatto e descritti da un cronista di allora come i calchi di Pompei. Un’altra cosa che attrasse l’attenzione dei presenti fu il recupero di alcune strane sacche la cui visione collegata alla sproporzionata reazione dei militari che esplosero, a scopo intimidatorio, dei colpi d’arma da fuoco verso i curiosi, lasciò supporre che fosse qualcosa di prezioso o sicuramente importante.
A conclusione di queste due storie, quasi del tutto dimenticate, vorrei esprimere l’auspicio di una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni locali anche verso quegli eventi della nostra storia recente, più drammatici senz’altro, ma la storia è maestra di vita ed è sempre utile sapere quel che accadde nel passato, se non altro, per rispetto al valore di quelle vite che furono.
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