Allerta mentale
Prevedere il tempo che farà non è cosa facile ma, prevedere i tempi che corrono, è cosa ancor più ardua.
Siamo in autunno e si sa, normalmente, in questo periodo dell’anno piove, nel Napoletano e nel Vesuviano, novembre che ormai s’appresta è il mese più piovoso ma davanti a tutto ciò, come davanti all’imprevedibilità del meteo, pare non ci si abitui mai.
Sì è vero, c’è l’effetto serra, ma ormai il riscaldamento globale c’è da anni e al netto delle scarse misure prese contro l’inquinamento, anche quelle contro il dissesto idrogeologico, latitano. E così, quando piove, anche quando non diluvia, le città si bloccano, manco fossero lapilli incandescenti quelli che cadono giù dal cielo. Il traffico aumenta, gli ingorghi si intasano sempre più e non solo quelli automobilistici; se poi la pioggia diventa torrenziale, allora dalla Montagna vien giù di tutto, dalla pozzolana, alla monnezza, fino all’occlusione e alla letterale esplosione dei tombini che scaraventano in alto i coperchi tracimando ed aspergendo il loro fetido contenuto in ogni dove. Inutile dire che le strade diventano, anche se per poco, dei veri e propri torrenti.
Per chi ci amministra. quasi sempre, l’evento è di portata straordinaria ed inatteso, ma talvolta anche disatteso alle sue avvisaglie e, come abbiamo già detto, essendo l’estate alle spalle, dovremmo pur rassegnarci alla pioggia o quanto meno convincerci che è un qualcosa di ineluttabile e quindi farvi fronte.
Cosa accade pero? Accade che anche una cosa elementare come l’acqua che cade dal cielo divenga momento di attacco o, all’occorrenza, di propaganda politica e ci si vanta o lamenta a seconda dello schieramento a cui si appartiene, ma non ci si lamenta del solito governo ladro perché piove ma sull’esser giusto o meno chiudere le scuole con l’allerta meteo.
Orbene cos’è l’allerta meteo? L’allerta meteo è un bollettino meteo dell’Aeronautica Militare che dirama la protezione civile e che la Prefettura comunica ai sindaci, i quali hanno facoltà di emanare l’ordinanza di chiusura delle scuole, alla quale i dirigenti scolastici non possono fare altro che attenersi. Sì, le scuole, perché poi è quello il problema, certo i bambini sono più vulnerabili ma di certo quando l’alluvione c’è stata, ne ha avuto sempre per tutti, adulti inclusi e deve quindi essere un problema di tutti e da non sottovalutare e da non ridurre solo ad una singola problematica.
Quale sarebbe la logica da applicare? Sarebbe quella di evitare che bambini e ragazzi, generalmente appiedati, vengano a trovarsi in condizioni tali da rischiare l’incolumità personale e soprattutto per coloro che invece sono accompagnati in auto, evitare che intasino un traffico già di per sé congestionato.
Qual è la logica che invece si applica? Si applica la logica della customer satisfaction ovvero quella della soddisfazione dei genitori che, per lavoro o per altro, non possono badare ai figli durante l’orario scolastico, quindi, memori del fatto che tanto può piovere a catinelle e tanto può splendere il sole, molti amministratori, rischiando il tutto per tutto e anche in presenza di allerta arancione (penultimo stadio prima dell’elevata criticità del codice rosso), non emanano nessuna ordinanza e di questo se ne fanno pure un vanto nei confronti di chi invece ha adempiuto alla normativa. Lo scorso anno in questo tentennamento in presenza di neve si rischiò di mandare i ragazzi a scuola sotto la bufera ma li si tenne a casa con il sole dei giorni successivi.
Tutto ciò ci scivola addosso come un raffreddore stagionale quando non succede nulla di grave e quando non ci scappa il morto ma qualche anno fa accadde qualcosa di tragico in quel di Pollena accadde che la povera Valeria Sodano morì annegata sotto la sua auto poiché furono investite, lei e l’amica che l’accompagnava, da un flusso micidiale di acqua e detriti che non lasciò scampo a lei e per poco non completava l’opera con l’amica. Cose simili, avvenute nel passato, si ricordano ancora come monito da chi non vuole o non può dimenticare e l’anno scorso, a Torre del Greco, poco c’è mancato che non si verificasse l’ennesima tragedia annunciata. I rischi quindi ci sono e ci sono nella misura in cui abbiamo, a monte dei nostri abitati, una montagna abbandonata a se stessa e resa ancor più vulnerabile dagli scorsi incendi e da un incuria ormai proverbiale.
Col senno di poi tutti sono bravi a giudicare, forti di un fatto ormai avvenuto, ma pochi hanno il coraggio di denunziare prima che accada l’irreparabile, molti non ne hanno il coraggio o hanno la convenienza nel tacere; molti invece minimizzano anche sui fatti più drammatici del passato, alludendo alla disattenzione altrui, al cambiamento climatico o alle ormai famigerate bombe d’acqua, vero e proprio ossimoro dell’inadempienza e dell’inefficienza che ci attornia.
Qual è lo stato dell’arte nelle nostre città? È uno stato, neanche a dirlo, precario, i sistemi di captazione delle acque a monte sono stati quasi tutti tombati e il loro percorso, ai più sconosciuto, diviene palese ad ogni acquazzone quando le strade che ricoprono gli antichi alvei diventano torrenti in piena e allagano le case. Un sistema di viabilità già precario va in tilt per l’aumento delle autovetture ma anche per le strade che cedono o che si sfaldano, sbriciolandosi sotto la forza diluente dell’acqua e mostrando tutta la loro pochezza nei materiali e nei lavori mal effettuati.
Cosa andrebbe fatto? Il buon senso va sempre bene ma, se esistono leggi e regolamenti, ci sarà pure una ragione ma, chissà perché, questi vengono disattesi o reinterpretati dagli amministratori locali che, in virtù di un ipocrita diritto allo studio, tengono aperte le scuole con l’allerta meteo mentre invece altri le chiudono creando una disparità di vedute che crea solo confusione, attuando quella sindrome dell’al lupo, al lupo che prima o poi mieterà altre vittime sull’altare dell’insipienza.
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