Mamma Montagna

I paranzari del Sabato dei Fuochi sotto la Cappella del Ciglio 27/04/2019 (foto di A.Teodonno)

La Montagna come diceva il buon Baldassare ‘O Cicculino era la sua mamma perché gli aveva dato tutto, e la Montagna è mamma davvero, è mamma di tutti noi, quel che basta è affidarsi a lei senza preconcetti e senza secondi fini, nulla di più. I pensieri di un paranzaro sfasulato alla ricerca della sua Montagna perduta. FOTO

A costo di dire sempre le stesse cose, io devo ammettere che aspetto un anno intero per il Sabato dei fuochi e lo faccio con le aspettative di un bambino che va alla sua prima festa. Ormai più che cinquantenne vivo l’attesa con un mal di pancia che mi prende la mattina e mi lascia solo la sera quando torno a casa, per quel misto di emozione e ansia e per l’apporto micidiale dei fagioli consumati durante la festa. Non vivo più l’attesa come il rito iniziatico che cadenza il passaggio dall’inverno alla primavera ma come un qualcosa di molto più intimo, che scandisce le fasi della mia vita stessa e dove la Montagna è essa stessa vita e metafora di essa. La Montagna è mamma come lo è la Mamma Schiavona e la Montagna è ascesa e discesa come lo è la nostra stessa vita.

Quest’anno sono salito sul Ciglio, sempre di primissimo mattino, con nuovi e vecchi amici ma soprattutto per la prima volta con mio figlio e tutto ciò ha dato senz’altro una motivazione diversa a questo rituale che ripeto ormai da anni. Un significato diverso, forse per il ricambio generazionale e di trasmissione dei valori, ed in effetti, la presenza delle nuove leve quest’anno era molto evidente, come evidente era la loro passione per quest’evento dal sapore sempre fresco come la primavera che ti apre i polmoni al primo mattino.

Non so se sarò stato capace di trasmettere qualcosa a mio figlio, perché comunicare un sentimento, contrariamente alle emozioni, tradite dal corpo, non è sempre facile, soprattutto verso coloro ai quali più tieni, soprattutto per noi maschi che abbiamo quell’atavico costume di celarli sotto una scorza di durezza o di mal celata ironia, e sembra così difficile dirlo con le parole, e solo l’esempio, a volte, ti viene in aiuto, e quello sguardo fisso negli occhi che mai può mentire. Ad ogni modo quel che importa è fare, è andare, è salire ed amare e tutto questo lascerà qualcosa, come non potranno mai non lasciare traccia nell’animo di chi li ascolta la giovialità dei capi paranza, delle persone più anziane, di coloro che sanno dosare bene buon senso e severità e che conoscono il valore della devozione come ideale da seguire, ma anche quanto questo aiuti la vita, perché loro ne hanno vista tanta e anche per questo la conoscono bene. Lasceranno qualcosa dentro ognuno di noi le parole di Mario Menna, decano della paranza del Sabato dei Fuochi che, come quelle di Giovanni Sessa, non tradiscono l’emozione del momento, toccanti le parole di Ciro Seraponte e il suo ricordo di chi ci ha lasciato da questa vita terrena, ma sopra ogni cosa sono le parole di Baldo, nipote del compianto Baldassarre De Simone, ragazzotto di paranza, sempre allegro e scanzonato ma che ha saputo, a parole sue, ricordare la verità dell’affetto che si trasmette con gli sguardi e le carezze, l’affetto tra nonno e nipote, quello che cresce con gli anni e che va oltre il tempo e che vale più di ogni altra parola; ecco questo è il Ciglio e la sua fratellanza; la sua essenza.

Per molti era un anno che non ci si vedeva, ma non erano 365 giorni solari, ma era solo ieri o al massimo ieri l’altro del ricordo e il 18 aprile 2020 sarà domani per molti di noi e, come dicono i paranzari dopo il proverbiale pe’ cient’anne, e pure pe’ l’anno che vene e nulla più; perché le nostre cose umane, sono quelle che sono, ed è giusto darle il peso che le si dà, ma sul Ciglio no, è un’altra cosa, al cospetto di una Mamma che sa comprendere e vigilare su tutti i suoi figli in egual maniera così loro tutti sono fratelli tra loro, almeno per un giorno.

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