Il Somma, la montagna che si sfalda

Grossa frana tra S.Maria a C. e la Traversa

Sono anni ormai che assistiamo al progressivo sfaldamento degli scoscesi versanti del Monte Somma, anni nei quali si è solo tamponato il fenomeno in concomitanza dei rituali di devozione primaverili o in occasione di eventi sportivi.

Il monte Somma, come molti già sapranno, è la caldera di un edificio vulcanico molto più antico dello stesso Vesuvio, o quello più propriamente definito come Gran Cono che nasce, in epoche geologicamente più recenti, al suo interno. Questa elevazione, chiamata dai locali ‘a Muntagna o ‘o Ciglio, nella sua parte più alta, è quindi per sua natura altamente instabile e lo dimostrano i numerosi canaloni che ne solcano il crinale.

Per raggiungere la punta più elevata del Somma, ovvero i 1.131 metri di Punta Nasone, bisogna intraprendere un ripido sentiero che da Santa Maria a Castello (435 m.dlm.) si inerpica fino ai circa 800 metri della cosiddetta Traversa, luogo in cui giunge il sentiero numero tre da ovest e dove si intraprende l’ancor più ripida ascensione alla Punta del Nasone. Questi sentieri vengono adoperati durante tutto l’anno dagli escursionisti e da chi si ostina ancora a coltivare il suo piccolo appezzamento di terreno in altura ma, da Pasqua in poi, e in genere in primavera, è costantemente percorso dai devoti della Mamma Schiavona di Castello, con un flusso notevole di uomini e mezzi che da Somma Vesuviana sale fino a Traversa e Ciglio.

Il problema sorge soprattutto sul tratto Santa Maria a Castello-Traversa poiché è l’unico transitabile con i fuoristrada e, vista la struttura non stabile di quei versanti, oltre ad essere pericoloso, il transito degli automezzi comporta un ulteriore sfaldamento del tratto carrozzabile. In prossimità delle celebrazioni mariane le amministrazioni locali intercedono presso l’ente parco per permettere lavori estemporanei, dove si colmano buche e frane ma il problema è solo rimandato all’anno dopo, quando le piogge scaveranno nuovamente il tracciato e i canaloni che lo attraversano. A tutto ciò si aggiunge la cattiva fruizione dei sentieri di montagna, là dove si creano scorciatoie che tagliano gli utili tornanti e che con il dilavare delle acque piovane diventano nuovi canaloni e spesso vere e proprie frane.

Il sentiero che arriva alla traversa dall’ultimo abitato di Somma non è altro che una strada più o meno ampia poggiata su di un terrapieno e senza opere degne di nota che ne fungano da sostegno, qualcuno sostiene che tale strada sia abusiva, altri invece no ma sta di fatto che di strada ha ben poco. Il suo utilizzo durante il Sabato dei Fuochi e il Tre della Croce è dovuto alla necessità delle paranze, coloro che organizzano le devozioni mariane del Somma, di trasportare masserizie ed anziani fino alla traversa, dove per forza di cose si proseguirà a piedi e con sacco in spalla ma, spesso, esiste anche chi, al di fuori di ogni etica e ogni altra organizzazione, percorre quel sentiero lucrando sul trasporto, facendo la spola lungo il tragitto e trasportando i meno atletici fino alla Traversa.

Indubbiamente l’uso dei motori in area protetta è una iattura dura a morire ma là dove viene criticata l’usanza locale andrebbe a maggior ragione criticata quella globale di un flusso turistico al Gran Cono che non si muove di certo col teletrasporto ma con i grossi ed inquinanti bus granturismo.

Il problema però sul quale vorrei porre l’attenzione è più di natura geologica, materia per la quale non ho nozione di causa ma i desolanti scenari ai quali assiste chi frequenta realmente la Montagna lasciano poco spazio all’interpretazione esclusivamente specialistica. L’impressione è purtroppo quella che a franare non sia solo la strada ma che stia venendo giù l’intero versante che la sostiene con forti ripercussioni anche più giù a valle, dove alvei e lagni sono stati da tempo intombati e nascosti alla visione del loro fetido contenuto di liquami abusivi e di immondizia.

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