Come nasce una “bufala”, la leggenda della pastiera e dell’urbanistica di Neapolis

Dopo il nostro articolo in cui ci siamo occupati della presunta derivazione dal tracciato “ippodameo” della Neapolis greco-romana, delle strisce sulla pastiera (vedi qui). Torniamo sull’argomento per provare a capire come sia nata questa storia e come si sia diffusa acquisendo il rango di “leggenda”.

Nepolis e la pastiera
Il tracciato viario di Neapolis con evidenziati tutti i cardini, nella mappa Napoli Greco-Romana di B. Capasso del 1904 e l’immagine diffusa sul web con in evidenza solo quattro cardini

Premettendo che da buoni cultori della tradizione, e conoscitori della storia della nostra città rispettiamo ogni leggenda e storie della tradizione, purché di tali si tratti. Storie inventate di sana pianta e spacciate come leggende, invece, non troveranno mai la nostra approvazione, e così speriamo possa essere da parte di tutti coloro i quali si dichiarano amanti di Napoli e portatori di napoletanità.

Napoli ha già un suo magnifico carico di storia, di leggende, e avvenimenti che ne determinano la propria magnificenza e il suo orgoglio. Non c’è bisogno quindi di inventarne altre. L’unico risultato sarebbe di offendere e sminuire la vera e dignitosa storia di tutto quanto è Napoli.

LA NUOVA “LEGGENDA”

Ebbene, da qualche anno si è diffusa soprattutto sul web, una nuova leggenda secondo la quale le strisce di pasta frolla che decorano la pastiera debbano essere in numero di sette, e posizionate ortogonalmente tra loro a ricordare il tracciato viario dell’antica Neapolis, composto dai tre decumani, più quattro cardini.

Non volendo entrare nel merito del numero sette, che potrebbe davvero avere qualche fondamento simbolico, è l’interpretazione urbanistica che ci ha sempre lasciati perplessi, innanzitutto per il numero di cardini, non si capisce infatti perché solo quattro quando Neapolis ne aveva circa venti, ma anche perché la leggenda sembrava essere sbucata fuori dal nulla, mettendo insieme un po’ di informazioni che prese singolarmente potevano apparire plausibili, insomma esattamente proprio come nascono le “bufale”.

Ovviamente, ciò di cui si discute non è un problema di strisce, in fondo ognuno è liberissimo di farne come e quante ne vuole, ma di come oggigiorno nascono delle “leggende” dal nulla e di come si diffondano acquisendo subito forza e credibilità in nome di un presunto innocuo aspetto romantico.

È indubbio che queste storie siano affascinanti e per questo hanno facile presa su molte persone, ma è sufficiente tutto ciò a legittimarle? Alcune contestazioni sollevate al nostro articolo precedente ci accusavano di aver sminuito la storia della pastiera, e che a “tutti” piace così perché è “bello sognare”.

Chiariamo ancora una volta che scriviamo col massimo rispetto per la storia e la gastronomia di Napoli e che nessuno vuole impedire di sognare a chicchessia, ne tantomeno impedire di pensarla come vuole. Ma consentiteci di provare a capire dov’è la verità, dove la leggenda e dove la bufala.

COME NASCE QUESTA STORIA? LA POLEMICA

Partiamo dalla fine. Quest’ultimo Sabato Santo le condivisioni web erano affollate da un “nuovo” articolo di “Vesuvio live” che riproponeva questa “leggenda”. L’articolo non faceva che riproporre quanto già scritto da altri e già presente in rete, come quello de  “Il corpo di Napoli” e di “Storie di Napoli” del 9 aprile, ed altri, ripetendo senza alcun approfondimento la solita solfa simil “copia-incolla”.

Non neghiamo che è stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso e dato la spinta per la nascita del nostro precedente articolo in merito (vedi qui).

L’ampia diffusione dell’articolo del Sabato Santo ha ottenuto di far sbottare anche Lucilla Parlato, anima di Identità insorgenti, la quale in un suo post pubblico, lo stesso giorno, rivendicava la primogenitura della diffusione della leggenda sul proprio sito, accusando “Vesuvio live” di aver tirato di nuovo fuori la storia da loro pubblicata già lo scorso anno. In pratica si vantava di aver diffuso una bufala!

UNA BUFALA? E PERCHÉ?

E già, perché la notizia, come da lei dichiarato, era stata appresa in un noto gruppo Facebook sulla storia di Napoli dove fu pubblicata da un utente, il 19 aprile 2019, il quale condivise un post pubblicato due giorni prima da un antiquario sulla propria pagina personale, e probabilmente ritenuto attendibile proprio per via della professione dell’autore.

All’epoca, chi scrive, contestò nei commenti al post tale ipotesi, che appariva da subito fondata sul nulla. Ci fu invece chi ritenne, evidentemente, di prenderla per buona come ad esempio “Identità insorgenti” che la pubblicò il 22 aprile 2019 sulla propria pagina Facebook per renderla di larga diffusone.

E da qui il patatrac. Come avviene ormai di consueto molti siti web ripresero la notizia, che così si diffuse ancora di più diventando in breve tempo un dogma. Tutti a parlare della leggenda delle strisce, tutti esperti dell‘urbanistica classica, tutti a inquisire pastiere e indagare se fossero degne di chiamarsi in tal modo.

Ma quest’antiquario da dove aveva tirato fuori la storia? La domanda non ebbe risposta, ma intanto la storia si diffondeva.

TORNIAMO AI NOSTRI GIORNI

La sera di Pasqua Giuseppe Serroni, presidente dell’associazione “I sedili di Napoli”, pubblica un post sulla propria pagina Facebook nel quale si dichiara lieto della diffusione della “Leggenda” di cui è autore, nata nel 2016 “per scherzo”, scritta, però,  nero su bianco in un volantino pubblicitario distribuito da una pasticceria del centro storico ai suoi clienti.

Serroni
Il post di Giuseppe Serroni

Serroni dichiara che a supporto della sua storia non vi è alcuna fonte storica e che La cosa è nata un po’ per scherzo, un po’ come “ipotesi” per ricordare che abbiamo Radici storiche e Culturali molto antiche e che la Sacralità muove ancora oggi le azioni dei Napolitani. Oggi vedo, con un sorriso, che questa “teoria” è diventata “verità” perché quest’anno sta invadendo i Social.” E poi “chi avrebbe mai immaginato che questa cosa assumesse questa diffusione di massa?

Serroni
Il post di Giuseppe Serroni. La leggenda è uno “scherzo”

IL CERCHIO SI È CHIUSO.

Ora lo possiamo dire in maniera ancora più convita: questa “leggenda” è una “bufala.”

Purtroppo ormai la frittata è fatta e sarà difficile riportare la verità nel giusto ordine delle cose, quanto abbiamo ricostruito però, dimostra quanto possa far male a quella che è la vera storia e le vere leggende di Napoli, una ricerca a tutti i costi di una narrazione alternativa, o “fantastica” spesso fatta solo in nome di like, visibilità e traffico internet.

Consentiteci in chiusura una piccola difesa del nostro operato. Consci che è facile diffondere notizie etichettandole come leggende, tirandosi così fuori dall’onere della prova, come purtroppo avviene per la maggior parte di ciò che si legge sul web intorno a Napoli, allo stesso tempo sappiamo che per confutare una tesi, per quanto bislacca, bisogna portare delle prove a supporto, altrimenti rovesciando la questione si rischia di essere bollati come mistificatori.

Abbiamo quindi provato col nostro precedente articolo a metter un po’ d’ordine nella storia della pastiera, e provare a trovare qualche fondamento a questa “leggenda” portando a supporto documenti storici inconfutabili, ossia le ricette date alle stampe. Il tutto sempre senza voler imporre alcuna certezza ma provando a trovare dei riferimenti più concreti a certe ipotesi.

Ebbene, nonostante il nostro sia l’unico articolo che presenti dei documenti e riferimenti storici a supporto del contenuto la signora Parlato, rispondendo a un utente del web che, nel suo stesso post, le segnalava il nostro articolo di approfondimento, ha ritenuto di bollare Vesuvio News come “fonte non credibile”.

Post parlato

Certi atteggiamenti di arroccamento a difesa del proprio orticello, crediamo non facciano bene a una narrazione di Napoli che dovrebbe essere priva di interessi ed unicamente nel nome della condivisione del sapere e diffusione della conoscenza, quella vera però.

1 Comment
  1. […] una leggenda inventata di recente, le strisce di pasta frolla dovrebbero essere sette, in quanto ricalcherebbero la planimetria […]

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