Venticinque anni
Venticinque anni sono passati ma pare che a nessuno importi, 25 anni di Parco Nazionale, venticinque anni di alti e bassi, cinque lustri di malinteso senso di tutela ambientale.
Forse sarà sfuggito ai più, di sicuro sarà stato il covid-19 a dirottare altrove gli interessi dell’Ente o forse, celebrare il venticinquesimo anniversario del Parco Nazionale del Vesuvio, non remunera politicamente per via di una gestione che non è riuscita a tutelare l’area protetta, non è riuscita a creare economia e, sopra ogni cosa, non è riuscita ad avvicinare i vesuviani al Vesuvio.
Quando parliamo di gestione, sia ben chiaro, non ci riferiamo soltanto a quella attuale ma alle cinque presidenze e ai cinque direttivi che si sono susseguiti dal 1995 ad oggi e ad una Comunità del Parco, vera e propria pars politica e consultiva dell’Ente, che parimenti non è riuscita, non solo a portare avanti discorsi seri e costruttivi, ma molto spesso non è riuscita neanche a riunirsi per guardarsi in faccia e per tenere sott’occhio la situazione del Parco.
La stessa fruizione turistica ed escursionistica dell’area protetta, possibile elemento propulsivo dell’economia locale; fatta eccezione per il Gran Cono, oggetto di un intenso flusso turistico monopolizzato dai vettori e i croceristi, langue senza lasciare un indotto rilevante al Vesuviano che, per posizione, ricchezze paesaggistiche e siti storici non avrebbe nulla da invidiare ad altri luoghi, in Italia così come nel mondo. La sentieristica poi, messa a punto tra il 2001 e il 2006, gli altri 10 sentieri ufficiali, più una decina di varianti e connessioni, sono stati abbandonati a se stessi come la Strada dele Baracche e affidati alla buona volontà dei volontari, spesso con il tacito assenso dell’ente; che ha preferito usare le sue scarse risorse per opere di maggiore impatto mediatico e di più immediata realizzazione come i sentieri n°7 e n°9, recentemente rimessi in sesto.
In questa triste disamina ci siamo evidentemente attenuti fin qui all’aspetto del cosiddetto sviluppo territoriale, concetto assai amato dalle comunità locali e dai loro amministratori, entrambi sensibili più all’aspetto economico che a quello complementare e fondamentale della tutela dell’area protetta. Ma vogliamo proprio sottolineare che quest’altra faccia della stessa medaglia, quella della tutela ambientale, permane costantemente in secondo piano, e non possiamo per questo che rimanere amareggiati davanti all’88% della superficie boschiva del Parco colpita a vario grado dal disastro del 2017, preannunciato dagli altri incendi del 2015 e del 2016. Rimaniamo pertanto delusi davanti agli scarni provvedimenti in materia di riforestazione e di contenimento del dissesto idrogeologico e, davanti a tutto ciò, che di per sé già basterebbe per l’avvio di azioni massicce ed esemplari, restano i problemi irrisolti di sempre, come quello delle ben cinque discariche storiche mai bonificate all’interno della riserva; una miriade di micro-discariche che spuntano in ogni dove come funghi e i conseguenziali roghi tossici che ne completano il drammatico e malsano quadro; il bracconaggio e l’uccellaggione, l’abusivismo edilizio; l’uso smodato e fin troppo spesso tollerato di moto e quod lungo i sentieri e tutta una serie di abusi, non ultimi l’inquinamento acustico e luminoso, che rendono il Parco Nazionale del Vesuvio una delle realtà naturalistiche più vulnerabili del Paese.
Venticinque anni di parco sono tanti ma non sono bastati per avvicinare le popolazioni locali al Vesuvio e alla sua area protetta; c’è infatti chi ancora non ne conosce l’esistenza, c’è chi lo confonde con l’Osservatorio Vesuviano, c’è chi, a torto o a ragione, in buona o in malafede, lo vede come un generatore di vincoli o come una specie di bancomat. Vincoli spesso fondamentali per la sopravvivenza del Parco stesso ma come dargli torto quando per alzare una recinzione c’è giustamente bisogno di rispettare delle regole per salvaguardare flora e fauna locali, ma poi, le stesse norme, non valgono ad esempio per l’inquinante traffico su gomma che a più riprese attraversa tutti i giorni la riserva integrale? Vale la giustificazione dei grandi numeri del turismo di massa del Gran Cono? Visti i risultati sul territorio pensiamo proprio di no! La coerenza poi è la prima cosa che un amministratore dovrebbe osservare perché è ciò che più vale agli occhi di un cittadino onesto, così come, allo stesso modo, varrà per chi vorrà invece appigliarsi alle incoerenze dello stato per nascondere le sue.
Il Parco Nazionale del Vesuvio nasceva il 5 giugno del 1995 e il 19 dicembre di quello stesso anno veniva ucciso al suo interno Angelo Prisco, esempio di coerenza e attaccamento al dovere ma anche esempio di quanto si possa rimanere soli davanti all’ipocrisia e all’insipienza degli uomini; davanti alla prepotenza di chi lo ha ucciso e che ha ritenuto, e ritiene ancora, il Vesuvio come una proprietà privata, davanti alla cecità di chi, fidelizzato da una politica ruffiana e minimalista, nega lo stato di una natura costantemente violentata da una subcultura provinciale che vuol vedere sempre e solo il bicchiere mezzo pieno e da una mafiosità profondamente radicata, che uccide l’ambiente e che al contempo preme ancora una volta metaforicamente quel grilletto nei confronti di Angelo Prisco e del suo ideale di Parco.
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