Afragola, terra abbandonata a se stessa
La cronaca di una giornata di vigilanza con le Guardie Ambientali del WWF, la cronaca di uno squallore sotto gli occhi di tutti e che portano un paese con velleità da G20 a livelli da quarto mondo.
Capiamo che il problema principale in questo momento sia il covid, capiamo pure che la gente, spesso e volentieri, frustrata da una vita grama o comunque foriera di imprevisti e difficoltà, preferisca, almeno sotto Natale, pensare ad altro, ma questo altro non deve essere la negazione perenne di un mondo che si ritenga inesistente o che esista soltanto molto lontano da noi. Questo mondo è invece tanto vero quanto fortemente legato al nostro modo di essere, alle nostre attività lecite e illecite, consolidate o estemporanee come un lavoro in casa o la nostra attività lavorativa.
Sì perché, nel momento in cui noi pensiamo che all’atto di pagare chi ci fornisce un servizio, abbiamo assolto tutte le nostre responsabilità civiche, ci sbagliamo e lo facciamo a maggior ragione se per forza maggiore pensiamo di essere assolti o giustificati se smaltiamo lo scarto della nostra attività lavorativa in maniera illegale.
Tutto ciò per dire che, quando ieri mattina ci siamo recati ad Afragola, accompagnati dalle Guardie Giurate Venatorie, zoofile, ambientali del WWF, per una vigilanza ambientale, abbiamo visto di tutto e quel tutto era sconvolgente, anche per chi come il sottoscritto è abbastanza avvezzo agli scenari di inquinamento ambientale.
Voltare la faccia, da parte di chi vive solo il proprio mondo, la propria vita, attraverso uno schermo, sia esso quello di un televisore, sia esso quello di uno smartphone, è facile, e lo è a maggior ragione se questo suo esilio telematico è volontario e autoassolutorio, ma far finta di non sapere che lo scarto della nostra società dei consumi vada a finire nelle nostre campagne o, addirittura nelle case di altri cittadini, è assurdo e inaccettabile. In località Arena, nelle vicinanze della nuova stazione dell’alta velocità, gigante dai piedi di argilla e cattedrale nel deserto dell’architetto Zaha Hadid, esiste un inferno di lamiera e plastica che nessun vanto e presunto primato di bellezza interplanetaria cancellerà.
Fertili campi coltivati ad ortaggi intervallati da estese discariche abusive, decine di auto saccheggiate, spolpate fino all’osso e lasciate a marcire o, all’occorrenza bruciate a ravvivare l’acre odore di diossina che già satura quell’area, adibita a luogo di roghi di rifiuti. Tutto ciò viene segnalato alla SMA Campania, ma quante volte lo hanno fatto? Quante volto lo abbiamo fatto? A cosa servirà tutto ciò? A creare l’ennesima cortina fumogena ed evitare di affrontare il problema a monte? Quando si capirà che tutto questo è frutto di un’illegalità diffusa; il risultato di un’estesa e condivisa economia sommersa e della sua tacita accettazione da parte delle autorità e della società tutta?
Il sole sorge e ci spostiamo verso il centro abitato di Afragola e, non lontano dal famigerato Rione Salicelle, scopriamo l’incredibile situazione di un altro rione, quello ironicamente chiamato Speranza. Lì la discarica s’è spostata nelle case delle persone, sì, perché per quanto il nostro continui ad essere un paese classista, quelle sono persone e come tali devono essere tutelate, salvate da quell’inferno materiale e morale che abbiamo trovato. Nei cortili di Rione Speranza abbiamo visto quintali di rifiuto, più di 100m³ di materiale, decine di frigoriferi, televisori, almeno due auto sventrate, svariate moto, ma anche cumuli di guaina d’asfalto e pneumatici. Abbiamo trovato le traversine in legno di una ferrovia, pericolosissime come l’eternit perché intrise dell’amianto dei freni dei treni e impregnate di creosoto, un impermeabilizzante derivato dagli idrocarburi e ritenuto cancerogeno. C’era di tutto e sotto gli occhi di tutti; ma evidentemente gli abitanti di rione Speranza non meritano da parte delle autorità e di chi li ha demandati a governare quel paese, di essere considerati persone.
Ieri a Rione Speranza e negli altri luoghi di questo scempio ambientale c’erano anche altre associazioni ambientaliste, c’eravamo, oltre al WWF, anche noi del Club Alpino Italiano, c’era la LIPU, la AISA e c’era anche la Polizia di Stato, chiamata ad intervenire e costatare una situazione che probabilmente già conoscevano bene, loro hanno però demandato il tutto al comune, come norma prevede, ma immaginiamo che quello scaricabarile a cui abbiamo assistito sia lo stesso che ha fatto sì che, senza esagerazione, quei rifiuti arrivassero fino al primo piano di quegli edifici.
Alla fine è arrivata la politica, ma non quella locale, ma quella regionale, nei panni dell’attivo consigliere Francesco Emilio Borrelli. Che dire, lui non sta di certo all’opposizione ed è compito suo e della la sua maggioranza risolvere o imbastire un qualcosa che porti alla soluzione di queste assurdità ma, quanto meno, lui ci ha messo la faccia e, in un contesto tutt’altro che amichevole, non è poco, e se son rose fioriranno, ma il vero problema di questo Paese non è solo la mancanza di volontà politica nel risolvere talune problematiche ma la memoria dei cittadini che è labile, ed è spesso facilmente distratta dal nuovo (o presunto tale) che avanza, il che comporta una continua rincorsa verso il nulla, in un continuo rigirarsi su se stessa dell’illusione di sentirsi migliori.
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