Benvenuti Dietro il Muro

Immagine evocativa del film (foto fonte web)

Analisi critica del film The Wall, realizzazione complementare al successo internazionale dell’album omonimo dei Pink Floyd.

I Pink Floyd tengono il loro concerto a Berlino, nel 1990, pochi mesi dopo la caduta del Muro, e organizzano un concerto a Potsdamer Platz per festeggiare l’evento. Quest’idea nasce da Roger Waters: nel 1977, la band si trovava a Montreal, e lo stesso Waters sputò ad uno spettatore delle prime file. Lui rivede in quel gesto la frustrazione e l’alienazione provate all’epoca,  ma allo stesso tempo è sconvolto. Da quel 6 luglio 1977, la data si prolunga fino al 21 luglio del 1990

350 mila persone si radunano per ascoltare The Wall, che da opera  personale e intima, l’album diventa  universale e collettivo: il muro metaforico del disco, che viene abbattuto alla fine dei concerti dei Pink Floyd si identifica ora con la barriera, simbolo della Guerra Fredda, crollata il 9 novembre del 1989.

Il palco viene posizionato nella “terra di nessuno” a cavallo del muro, con 180 m di lunghezza e 25 di altezza.

Another Brick In The Wall, Comfortably Numb e The Wall partono da demo registrate singolarmente da Waters, e che diventeranno brani sempre più ambiziosi per l’album.

Il ruolo dell’orchestra e del piano si fanno sempre più preponderanti, a scapito delle tastiere di Richard Wright

Copertina dell’album “The Wall” (foto fonte web)

The Wall (1979) è l’undicesimo album musicale in studio dei Pink Floyd. Viene concepito fin dall’inizio come album, film, spettacolo dal vivo, Waters tratta le tematiche di comunicazione e assenza della comunicazione dovute alla presenza di un muro tra le persone, eretto dalle società postmoderne e contemporanee. Tutto parte dall’esperienza personale del rocker, si sviluppa sui temi dell’isolamento e dell’incomunicabilità, e proprio alla fine dell’opera questo muro cade, lasciando spazio ad un messaggio positivo e di speranza: “Soli o a coppie, camminano su e giù fuori dal muro”.

The Wall è senza dubbio uno degli album più importanti nella storia della musica e ha contribuito in larga parte a rendere i Pink Floyd fra le band più famose del pianeta tuttavia, se dovessimo limitarci al solo giudizio artistico, rischieremmo di perderne di vista il significato più profondo.

infatti è molto più che un prodotto per l’intrattenimento e molti sapranno identificare parte del proprio vissuto con quello del protagonista a testimonianza del fatto che “dietro il muro” non c’è solo melodia, ma anche un testo che probabilmente un domani qualcuno studierà a scuola come noi abbiamo fatto con Dante e Manzoni (e sarebbe anche ora, direbbe qualcuno).

I brani sono inquieti, cupi e ossessivi, con l’alternarsi di momenti più violenti e di dolenti ballate acustiche, e ad allentare queste situazioni, c’è David Gilmour con le tre canzoni su cui la sua mano si fa sentire: Comfortably Numb (con un assolo diventato immortale),Young Lust e Run Like Hell.

Ma l’album ha avuto come simbolo immortale Another Brick In The Wall che ha sbancato le classifiche, con l’indimenticabile coro dei ragazzi: ’We don’t need no education’ e la chitarra dello stesso David.

Isolandosi dal resto del gruppo, Waters stesso scrive la vicenda della rockstar Pink, in chiave fantasmagorica, ricalcando le sue vicissitudini (il bassista della band era profondamente segnato dalla morte del padre, ucciso sul fronte durante la seconda guerra mondiale), un personaggio schiacciato da un’esistenza di alienazione e solitudine, fino ad innalzare un muro metaforico fra gli altri e se stesso.

Pink è prigioniero della sua stessa follia e per abbattere il muro, avrà come unica possibilità quella di mettersi a nudo, in un unico atto di liberazione.

Pink è una rockstar ormai dipendente dalla droga, un uomo tradito dalla moglie, alienato e depresso, ossessionato dai suoi traumi infantili; la perdita del padre, una madre iperprotettiva e le continue vessazioni di un severo professore scolastico. Pink è schiavo di un sistema che reprime il genio creativo e la diversità dei piccoli allievi, visti dal sistema come nuove reclute da addestrare e da ‘stampare in serie’ per eliminare ogni differenza e annullare il pensiero critico di ognuno di loro.

Infatti ai piccoli cadetti, come accade spesso ai militari, viene fatto il lavaggio del cervello e in fila, sulle note di Another Brick In the Wall, Pt. 2, sono disposti su un nastro che quasi li assimila a carne da macello, carne che serve ad alimentare il ‘sistema’.

La frase della canzone appena citata: ’’All in all it’s just another brick in the wall’’ (tutto sommato siete soltanto un altro mattone nel muro) si riferisce al crudele insegnante di Pink che insieme alla madre, al padre morto e successivamente alla moglie, costituiscono i mattoni del muro psicologico di alienazione e pazzia che negli anni ha eretto intorno a lui, ma questa frase spiega anche come i mattoni del muro siano metaforicamente i singoli allievi, vittime dell’appiattimento culturale operato dal sistema, un muro che costituisce una barriera alla libertà individuale.

La sua dipendenza dalla droga, è un chiaro riferimento alla vita di Syd Barrett cofondatore dei Pink Floyd.

Il film prosegue in questo crescendo di follia e alienazione sulle note di “Comfortably Numb” in cui Pink, recluso nel suo muro sempre più soffocante, sta diventando ‘comodamente apatico’ e la malattia psicologica lo consuma da dentro rendendolo uno zombie.

Come spesso accade a chi è stato vessato e maltrattato, Pink diventa un dittatore, al vertice lui stesso del sistema di cui era stato vittima, si rasa le sopracciglia come a voler cancellare ogni stralcio di emozione dal suo volto e i suoi soldati diventano uomini rasati con labbra serrate e sguardi vuoti che violentano il popolo, che uccidono chi è diverso.

In questo scenario serpeggia tra le strade un clima di violenza misto a paura che confina il popolo nelle proprie case, rinchiudendolo in un silenzio che diventa complice di quelle atrocità, perché in una dittatura non c’è posto per chi si oppone.

Due martelli rossi e neri incrociati si ergono a simbolo di quel movimento dittatoriale, un simbolo volutamente ambivalente: da una parte l’espressione della dittatura, dall’altro il mezzo con cui poter abbattere definitivamente quel muro.

E così il muro di “The Wall” non è più soltanto il muro psicologico costruito da Pink, ma diviene il muro della società, un Truman Show, una muraglia cinese, un muro di Berlino che isola, allontana e reprime la libertà della società, un muro simbolo della dittatura che rende uomini e donne vittime informi della massa, tasselli fagocitati dal sistema.

Il film si chiude con l’esplosione del muro e dei bambini, i nuovi mattoncini del domani, che non costruiranno più muri, ma soltanto strade.

The Wall è un film che andrebbe mostrato nelle scuole, perché ci mostra i drammi della guerra e le sue nefaste conseguenze, le aberrazioni delle deportazioni naziste e delle dittature, ci insegna che l’uomo è il colpevole di tutte queste atrocità e che la violenza, la paura e la repressione, costruiscono muri che solo con la consapevolezza di ciò che è stato possiamo abbattere.

Il finale ci fa riflettere e sperare che i bambini, gli uomini del domani, costruiranno su quelle macerie una società diversa, una società in cui non si punta il dito contro la diversità, ma che anzi la promuova come valore aggiunto.

The Wall parla anche di bullismo, perché ci fa riflettere sulla figura del bullo che, come il dittatore o l’insegnante severo del film, altro non è che un uomo fragile e debole, che tra le mura domestiche viene vessato da un’autorità superiore e che riversa la sua frustrazione sui più deboli per sentirsi forte, per affermare la propria autorità.

Ma chi è debole regna con la paura, chi è saggio regna con il consenso e con la libertà.

Il vero potere non si conquista con la violenza, ma con la cultura e fin quando l’uomo tratterà il suo simile come una bestia, una merce o uno schiavo, non riusciremo mai ad abbattere realmente quel muro.

Il vero progresso per l’umanità, consiste solo nel promuovere la piena libertà.

Di Stella Castaldo

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