Chi tene ‘a lengua va in Sardegna

Sull’importanza delle lingue, tutte le lingue.

 

“Più diventa tutto inutile, E più credi che sia vero, E il giorno della Fine Non ti servirà l’Inglese.”

Franco Battiato

“Una donna, entrata in una libreria di Berlino, rimane sorpresa nel vedere la sezione dedicata ai libri in lingua inglese, quella che qualche anno prima occupava solo un paio di scaffali. Questi si erano moltiplicati in maniera esponenziale. Allontanatasi da quei romanzi, incappa in un libro con la copertina sempre in inglese ma che sembrava esser capitato lì per caso tra i romanzi tedeschi. Tuttavia un adesivo la tranquillizzava e avvertiva il lettore con la dicitura “Tradotto in tedesco”. Si trattava di un errore di stampa? Di uno scherzo? Né l’uno né l’altro. Era semplicemente una strategia di marketing per provare a rallentare il cannibalismo dei libri in inglese sulla letteratura europea.”

Questo frammento tradotto dal sottoscritto e tratto da un articolo apparso su El País Semanal dell’11 agosto 2024 (pag. 14), è emblematico poiché appare con non poca preoccupazione sulla rivista del maggior quotidiano spagnolo, pubblicato in un paese la cui lingua è tra le più parlate al mondo. Ciò vuol dire che se incominciano ad accorgersene anche loro di quanto sia ormai immanente la lingua di Shakespeare, allora noi italiani, che ne siamo ormai sommersi, potremmo incominciare a farci qualche domanda e non certo di poco conto.

Le problematiche sono fondamentalmente due, la prima ed evidenziata nell’articolo su citato, è quella di un impoverimento del panorama culturale mondiale, là dove i libri e gli autori ad essere privilegiati e quindi ad essere tradotti in inglese, saranno quelli più famosi e, concedetemi l’anglicismo, saranno i best seller. Questo accadrà perché gli editori investiranno, tra l’altro, anche nelle spese di traduzione, su un prodotto e su un nome che riterranno sicuro. Questo andrà a scapito di coloro che, non per loro colpa, non avranno avuto le spalle forti di un grande editore, di una grande distribuzione e della lingua inglese e che quindi, pur essendo prodotti di qualità, rimarranno incogniti per tutti coloro che non leggeranno la lingua in cui saranno scritti. Questo comporterà, usando le parole di David Graham, direttore dell’Unione degli Editori Indipendenti del Regno Unito (UK Publishers Association), “ … meno diversità, meno pluralità di voci sul mercato … un pericolo, più che per l’economia, lo sarà per la cultura stessa.” E se lo dicono loro …

È quindi superfluo sostenere che l’inglese serve, perché le lingue franche servono e sono sempre servite ma anche la cultura serve ed è questo il secondo punto in questione, perché sarà utile nella misura in cui si userà l’inglese come un mezzo di dialogo e non come il mezzo per eccellenza del dialogo e non parliamo solo di forma, perché esistono tante forme di inglese e con pari dignità, quello prettamente della Gran Bretagna ma anche e soprattutto quello statunitense, quello indiano, quello canadese, quello australiano e così via, e soprattutto non dimentichiamo la sacrosanta dignità delle altre lingue, da quelle più diffuse come appunto lo spagnolo (il Castellano), il francese, il cinese, l’arabo, etc., a quelle meno parlate e conosciute, in primis il nostro italiano che, nonostante i nostri scrupoli da magnaccia, non perde occasione di assorbire a mo’ di spugna anglicismi che nascono spesso, oltre che da una povertà di linguaggio, anche da quella delle idee e che provano a nascondere un più che evidente provincialismo e un radicato complesso di inferiorità.

Il mio invito è quello di conoscere più lingue possibile (e anche i dialetti, che altro non sono che lingue declassate dalla storia) senza disprezzare oviamente la propria, perché chi conosce le lingue non è un imitatore ma un comunicatore, del resto non tutto può essere tradotto in inglese così come non tutto può essere trasportato da una lingua all’altra senza far sì che questa perda la sua bellezza, le sue peculiarità e spesso la stessa comprensione. Una lingua non è solo grammatica ma è conoscenza dell’altro, della sua cultura, dei suoi sentimenti, la conoscenza delle lingue straniere porta pace e non guerra. Ma, anche se volessimo limitarci ai soli traffici economici, là dove contano più i numeri che le parole è pur vero che anche in questi, una virgola o un punto fanno ancora la differenza, soprattutto quando si usa l’inglese.

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