Cronache dalla quarantena #5
(Ieri) Ventiseiesimo giorno di domicilio coatto, ventisei giorni che tra lavoro e routine passano per fortuna in fretta, o forse no!
Giorno 26
“And all the men kill the thing they love, by all let this be heard, Some do it with a bitter look, Some with a flattering word, The coward does it with a kiss, The brave man with a sword! – Eppure tutti gli uomini uccidono ciò che amano, tutti ascoltino dunque ciò che dico: alcuni uccidono con uno sguardo d’amarezza, altri con una parola adulatoria, il codardo uccide con un bacio, l’uomo coraggioso con la spada!”
Oscar Wilde
I giorni volano via, e per fortuna il trovare sempre qualcosa da fare, oltre al lavoro a distanza con i miei studenti, ti permette di dimenticare, o meglio ti distrae dalla tragedia di menti e di corpi che ci attornia ed attanaglia. Ma al solito è la notte, in quella fase di veglia, prima che il sonno ti colga, è allora quando i cattivi pensieri ti assalgono se non sei quel tanto stanco da addormentarti subito, solo che stavolta non sono quei pensieri esistenziali di sempre, quelli che ti riportano alla tua triste realtà terrena e sulla finitezza della vita e di quel grande salto nel vuoto che è la morte ma è ora la sua vicinanza che ti incute terrore e penso come dovessero vivere i miei avi quando tutto questo era il loro pane quotidiano.
Dopo due giorni di calo delle morti oggi ritornano a salire, con un totale di 6.820 decessi, con l’unico dato positivo della diminuzione dei contagi (54.030) e l’aumento delle guarigioni (8.326). Il marasma è alle stelle, i decreti si ripetono quasi a ritmo giornaliero e le camere stentano a riunirsi per approvarli, c’è chi cova e diffonde la biblica zizzania e neanche in simili circostanza riesce a tacere. Di per certo il cammino verso la paralisi totale del paese sembra ormai avviato e i primi malumori incominciano a farsi sentire, e i furbi di ogni risma pure. Chi non è stipendiato incomincia a temere giustamente per la propria sorte e c’è poi chi specula su quel bene di necessità che ormai sono diventate le mascherine.
Ovviamente poi ci sarà chi, in chiave antieuropea, guarderà soltanto alla Repubblica Ceca e il torbido caso delle oltre 100.000 mascherine bloccate e poi ripartite verso l’Italia, ma nessuno vedrà gli aiuti della stessa UE, e della Germania ma solo il suo stop preventivo all’espatrio dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale). Molti invocheranno Cina e Russia, ma anche Cuba e Venezuela e i loro graditi aiuti ma dimenticheranno le disposizioni e stanziamenti della matrigna Europa, dimenticando infine i respiratori automatici che Corea del Sud, Vietnam, Thailandia e India attendevano e che invece il nostro paese ha precettato per sé. Una gara al approvvigionamento e una al giustificazionismo.
Tutto ciò ora fa paura e lo farà ancor di più dopo, quando la bufera sarà passata, se non avremo persone tali da saper gestire la situazione, e non mi riferisco alla svolta restrittiva dello stato per quel che riguarda le libertà individuali, ma il divario sociale e legale, tra l’altro già esistente tra Nord e Sud e tra chi segue le regole e chi per necessità o per opportunismo non lo fa; separazione che potrebbe acuirsi ancor di più, se non divenire addirittura definitiva, qualora non si prendessero serie e coraggiose iniziative governative. Un esempio su tutti è quello degli aiuti statali alle imprese in difficoltà, come ci si comporterà con il lavoro sommerso, voce di rilievo nella nostra economia nazionale? Il lavoro nero produce reddito per 192 miliardi di euro che, assieme ai 19 miliardi di attività illegali costituiscono il 12% del PIL italiano. Come ci si comporterà nei confronti di questa voce importante dell’economia del nostro paese? Si farà finta di niente, tirando fino alle estreme conseguenze la corda come prospetta il Ministro per il Sud Provenzano o si attuerà quella rivoluzione culturale e fiscale che ci porterà finalmente ad essere un paese normale? Ecco, spesso in questi giorni si parla di guerra metaforica contro il virus e dell’inflazionata metafora di un futuro Piano Marshall per il dopovirus; orbene il vero dopoguerra, quello dell’ultimo conflitto mondiale partorì personalità di rilievo in campo politico ed industriale, gente illuminata e che conosceva bene il baratro sapendosene discostare, ecco, spero che questa immane tragedia ci dia come risultato, non solo il dolore, sconforto e crisi, ma anche persone come quelle, capaci di portare il Paese ad una svolta reale e non perennemente congiunturale.
In quel pantano mediatico che ormai è divenuta la Rete, satura di individui improvvisamente catapultati in un ozio forzato e poco affini a netiquette e raziocinio, si sprecano invettive e accuse di responsabilità, conseguenza quasi naturale visto lo stato in cui ci troviamo e la nostra umana e debole natura. Ad onor del vero, viviamo in un sistema, e credo che questo valga anche per molti altri paesi, dove è meglio contare i morti per un’epidemia, o un qualsiasi altro disastro naturale che avere sulla coscienza un falso allarme. Chi avrà ucciso quelle persone sarà, a seconda delle occasioni, un virus, un vulcano, un terremoto, un’inondazione e così via, contrariamente, tutti i problemi relativi al decongestionamento della zona rossa vesuviana e flegrea, il contenimento degli argini di fiumi ed alvei, l’abbattimento di case abusive, le misure restrittive alla circolazione per chi provenga da zone infette, tutte azioni che, se attuate in periodo di “pace” verrebbero viste male ed osteggiate e spesso risulterebbero controproducenti per chi fa politica. In pratica meglio prendersela con la natura invece di farlo con se stessi, quel che importa è che pure gli elettori condividano questo assurdo pensiero e all’uopo sono sempre pronti addetti stampa e pennivendoli.
Stamattina mi sono affacciato al balcone e ho respirato l’aria pungente di quella che forse è stata la notte più fredda dell’anno (3,7° secondo la mia modestissima stazione meteo), riuscivo a vedere, grazie all’atmosfera ormai tersa e ulteriormente ripulita dalla tramontana, montagne che avevo dimenticato come i monti del Casertano e il Massico. Sembra assurdo che per apprezzare il mondo lo si debba fare chiusi in casa e lo si comprenda anche a causa di una pandemia; l’essere umano è davvero strano e incoerente nell’opportunità delle sue scelte e forse, nel bene come nel male, è questa la sua singolarità.
“The man had killed the thing loved, And so he had to die.”
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.