Distopia vesuviana: la verità oltre l’apparenza
C’è una verità di facciata e una verità sostanziale: a raccontare la prima sono bravi tutti, non ci si sporca e si ricava qualche briciola dal padrone. Mostrare i sentieri del Parco Nazionale del Vesuvio invasi dalla spazzatura è un’altra faccenda: si corre il rischio di essere additati come antagonisti da chi delle briciole si accontenta.
D’altronde, perchè addentrarsi in faccende scomode se la politica si nutre di likes? Basta una pagina facebook curata, un’iniziativa simbolica, un sito nuovo e l’apparenza diventa verità. E se i likes non arrivano – come molto spesso accade – si può sempre ricorrere alla sponsorizzazione dei post.
Una rete di giornalisti asserviti, di quelli che non schiodano il sedere dalla scrivania per controllare se ciò che gli si dice è vero, completa il quadro: in cambio di qualche lusinga – bastano solo quelle – la raccontano in qualsiasi modo. Sostenendo, ad esempio, che c’è una minaccia costituita dal civismo che incombe sul Parco meglio gestito d’Italia.
E certo, perchè il Vesuvio è il Parco più tutelato d’Italia: vogliamo forse indispettire chi lo presiede? L’inquinamento è dato dagli attivisti, quelli che portano alla luce verità scomode minando gli equilibri politici e gestionali che si sono consolidati nel tempo.
Oggi nel Parco Nazionale del Vesuvio non ci sono più discariche abusive: un sistema di videocamere tiene tutto sotto controllo, nessuno abbandona più un sacchetto. I roghi tossici? Un’invenzione di sedicenti ambientalisti equiparabili ai criminali che appiccano incendi. Certo, si organizzano autonomamente per pulire le pinete dai rifiuti, senza percepire soldi e gratifiche, ma sempre criminali sono. E pure quando intervengono per spegnere gli incendi, qualche tornaconto ce l’hanno di sicuro.
Con questi sciacalli il Parco non può e non deve avere a che fare: arrivano a scattare foto ai gabinetti portati da casa, piazzati di proposito nei boschi, tra le cataste di eternit, i copertoni e il pezzame. A dispetto dell’ecosistema hanno addirittura piantato dei pini.
Nessun tipo di dialogo può esserci con queste persone. Anche perchè la loro azione potrebbe contrastare con quella di partner privilegiati che in cambio di emolumenti per l’acquisto di kit per pulire il mondo – che molto probabilmente finiranno nella raccolta differenziata – giurano fedeltà a un laboratorio di ipocrisie.
Il dissenso va annientato, anche a costo di ricorrere alla calunnia: come il venticello che alimenta il fuoco, insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar.
Tutto cambia (nella forma) per non cambiare (nella sostanza).
O al limite cambia in peggio.
C’è chi si considera re di un castello di spazzatura: lasciamoglielo credere, la verità è che non conta nulla. Se nulli sono i suoi poteri, così come dichiara. Re del nulla, ma re del bene comune è ogni singolo cittadino verso il quale va un debito di gratitudine enorme se si adopera per la collettività.
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