Gli struffoli, dall’oriente a Napoli. La storia e la ricetta tradizionale
Con l’approssimarsi del Natale impareremo a conoscere alcune preparazioni tipiche dell’arte dolciaria napoletana in compagnia del maestro pasticciere Ciro Scarpato, che come già fatto la scorsa Pasqua ci regalerà le sue ricette e i segreti di quasi settanta anni di mestiere trascorsi in laboratorio di pasticceria, tra tradizione innovazione.
Gli struffoli
Tradizionalmente preparati per la vigilia di Natale, gli struffoli hanno alle spalle una lunga storia che ci riporta alle origini greche di Napoli e quindi al mondo mediorientale. Diverse sono le ipotesi sull’origine del nome. Le più diffuse che anch’esso sia origine greca derivandolo dal modo di lavorare l’impasto che viene arrotondato per ricavarne piccole palline da cui strongylós (στρογγυλός) che indica qualcosa di circolare, arrotondato (che è anche la stessa radice del nome della città calabrese di Strongoli).
L’ipotesi sembra plausibile e potrebbero essere presi in considerazione a supportare tale tesi anche i termini systrofí (torsione) e strofí (curvare, girare), che pure richiamano aspetti della lavorazione.
Ancora c’è da considerare che se prendiamo questo termine e vi si aggiunge prepto (incavare) si capirà che questo ha dato origine anche al nome degli Strangulaprievete, gli gnocchetti napoletani che quindi nulla hanno a che vedere con un presunto attentato agli esponenti del clero.
Ancora a supporto di tale ipotesi ci citano spesso i Loukoumádes greci e i Lokma turchi, dolci molto simili composti da un grappolo di palline fritte ricoperte di miele, mandorle e spezie varie.
I dubbi però non sono del tutto sciolti e c’è anche la possibilità che il termine derivi dal longobardo straufinon, con lo stesso significato odierno di strofinare. In effetti in passato gli scultori utilizzavano un intreccio di paglia detto strufolo effettuavano la levigatura delle opere realizzate in marmo.
Preparazioni similari esistono anche in altre zone d’Italia, soprattutto in quella che fu la Magna Grecia. Ma fondamentalmente tutte affondano le proprie radici in quel mondo antico che sapeva di miele e spezie.
Le antiche ricette
Le prime menzioni a stampa conosciute degli struffoli risalgono al XVII secolo, quando non erano non erano preparati esclusivamente per Natale. Nell’opera “Lucerna de Corteggiani” di Giovan Battista Crisci edita a Napoli nel 1634, dove si discute “de la varietà de cibi per tutto l’anno…”, vengono riportati più volte gli Strufoli (con una f) come preparazione di fine pasto, la forma di presentazione è definita a corona e guarniti con zucchero e spesso decorati con “argento”.
Antonio Latini, cuoco di origini marchigiane, nel suo “Lo scalco alla moderna…” pubblicato a Napoli nel 1694 riporta una “Pasta di Strufoli, alla romana” e descrive una preparazione che ricorda molto quella odierna, nella quale però mancano i confettini e i canditi. Descrive inoltre anche alcuni modi di sistemarli in piatto e come decorarli con animaletti selvaggi o altre forme in pasta di zucchero.
Quindi originariamente la ricetta non era tipica natalizia e in effetti ancora oggi nelle aree umbre e molisane si preparano per il periodo carnevalesco strufoli e cicerchiata.
Seppure l’area di diffusione di questa antica ricetta sia ampia e i modi di prepararla vari sarà a Napoli che questi saranno associati alla vigilia di Natale e conquisteranno la forma oggi più diffusa e arricchiti da Diavulilli, confettini e canditi vari,
Ciò avverrà nel XVIII secolo anche grazie alla preparazione fatta nei conventi di monache della Croce di Lucca e dello Splendore (ormai entrambi non più esistenti) che erano i più rinomati in città per la preparazione di questa specialità ormai divenuta natalizia. Gli struffoli quindi si modernizzano e iniziano a diventare ciò che conosciamo oggi, anche se nella ricetta erano usate anche le mandorle.
Nel 1793 Vincenzo Corrado nel suo ricettario “Il cuoco galante” ci descrive la preparazione della pasta bignè “All’innumerabile”, che non è null’altro che gli struffoli, il cui quantitativo che viene preparato (e mangiato) è spesso davvero innumerabile.
Ed è per questo che gli struffoli sono considerati anche beneaugurati per l’abbondanza delle palline, del miele, e dei dolci canditi, e poi dei Diavulilli multicolori e argentati (che richiamano l’argento descritto dal Crisci) dei Cannellini, che non sono fagioli anche se ne ricordano la forma ma, sottili bastoncini di cannella ricoperti di zucchero.
La fantasia delle presentazioni soprattutto nelle tavole più ricche però andava molto oltre, fino alla preparazione di vere proprie sculture di struffoli, adagiate in vassoi, vasi, cornucopie il tutto commestibile, realizzati di pasta croccante e arricchiti con frutti canditi interi, come gemme su opere di oreficeria.
La preparazione di questa specialità non era esclusivo appannaggio delle monache infatti anche frate Domenico dell’Anna cuoco della congregazione dei vincenziani ai Vergini nel suo manoscritto di ricette intitolato “il medico curante, o sia maniera facile di preparare le vivande” risalente all’incirca al 1820 ne riporta la ricetta chiamandoli alternativamente Struffioli o Struscioli.
Questo perché anche se il dolce era ormai molto diffuso, sia il nome che la ricetta non erano ancora del tutto definitivi. Ippolito Cavalcanti nella sua opera ”Cucina teorico pratica…“ pubblicata a Napoli in più edizioni, riporta la ricetta della “Pasta per li struffoli” e della relativa “salsa di condimento” che si evolve nelle varie edizioni. In quella del 1839 nella preparazione non c’è il miele ma uno sciroppo di zucchero nel qual mischiare gli struffoli con mandorle e canditi “…Siropperai mezzo rotolo di zucchero stretto..” in quella del 1844, invece si raccomanda di usare dell’ “…ottimo miele bianco…”. il Cavalcanti riporta nelle sue ricette la possibilità di dare diversi formati alla pasta ma “se li farai piccolissimi saranno migliori” e di friggerli in abbondante olio o sugna ” facendoli venire biondi biondi”.
Avvicinandoci ai giorni nostri la ricetta resta grossomodo la stessa anche se nella composizione finale scompaiono le mandorle e oggi sempre meno nelle vetrine delle pasticcerie si vedono le composizioni di struffoli adagiate sul croccante.
La ricetta degli struffoli
Come è orma tradizione nella tradizione diverse sono le ricette considerate tradizionali ed ognuno ritiene la propria quella originale e migliore. Riportiamo di seguito quella donataci dal maestro pasticciere Ciro Scarpato. La preparazione non è complessa ma richiede alcune piccole attenzioni. Innanzitutto va utilizzata una farina non forte, è importante lasciar riposare l’impasto prima di tagliarlo. Le palline poi non dovranno essere enormi (come spesso si vede fare) ed è importante che siano spolverate da tutta la farina in eccesso che rovinerebbe anche la frittura. Il miele inoltre va sempre scaldato insieme a un po’ di zucchero per evitare che raffrenandosi indurisca troppo, e una volta in tavola sia difficile porzionare gli struffoli. Per la sistemazione nel piatto e dare la forma voluta alla montagna di struffoli, le mani devono essere bagnate, meglio se di succo d’arancia per un aroma migliore, per far si che il composto non vi si attacchi. Infine anche la disposizione dei pezzi di canditi deve essere fatta con cura perché affinché sia appagata anche la vista oltre che il gusto.
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