Guè Pequeno: Il capo dei capi.
L’inizio di questa estate non è solo segnato dal coronavirus e dal disagio latente che si vive tra le strade, piazze e spiagge italiane, ma anche dalla musica e dall’uscita del nuovo album di Guè Pequeno. Andando oltre le polemiche per le dichiarazioni del Guercio nell’intervista rilasciata a Rolling Stones, oggi ci tocca parlare di qualcosa di più importante: ovvero di musica, cercando di analizzare nella maniera più esaustiva il nuovo lavoro del rapper milanese. L’album è un vero e proprio kolossal, infatti è composto da ben 17 brani, pieno zeppo di collaborazioni e fin dalla copertina si capisce il volere di Guè, quello di riprendere l’atmosfera di “Vero”, uno dei suoi album più iconici, ma non come mera nostalgia per i tempi che furono, semplicemente il passato e il suo ricordo devono essere un’ulteriore spinta verso il futuro per poter migliorare. Appunto, il passato e il suo ricordo sono le vere forze motrici di quest’album, le quali sembrano inseguire Guè senza dargli respiro costringendolo a fare una volta per tutte i conti con i suoi demoni, rappresentati dai vari featuring i quali chi più e chi meno, a seconda della traccia, sembrano rispecchiare le varie sfaccettature dell’anima di Cosimo, il quale poi ritrovandosi da solo nelle ultime due tracce dovrà tirare le somme. Probabilmente questo è il disco più introspettivo del “Lucky Luciano” italiano, andando in direzione completamente contraria di “Sinatra”, qui l’ex membro dei Club Dogo dimostra una volta per tutte di essere maturato e di essere diventato un uomo, mettendo da parte i panni di ragazzo della strada e preferire quelli da uomo maturo indossando un semplice completo bianco. La maturità raggiunta però non significa rinnegare anche il suo lato più superficiale, infatti nell’album troviamo anche tracce dallo stile grezzo e pienamente street, stile che ha reso Guè il padrino indiscusso del rap italiano.
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