Il ruolo della Cina nella guerra Russia-Ucraina
A una settimana dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, sappiamo con certezza che è inutile e poco fondato qualsiasi pronostico sui risvolti geopolitici che seguiranno questo momento di crisi. Vladimir Putin ha rovesciato tutti gli equilibri, politici ed economici, degli ultimi 30 anni ed ha di fatto dimostrato che spinte espansionistiche e mire personali d’onnipotenza non sono fenomeni da relegare al secolo scorso. Ma, mentre l’Occidente ha dato prova di una compattezza quasi inaspettata e lo stesso Putin ha dovuto far i conti con l’eroica resistenza ucraina, è necessario prestare attenzione all’altro grande attore della scena mondiale, la Repubblica Popolare Cinese. Nei primi giorni di scontri, infatti, sia il Ministro degli esteri Wang Yi che la sua portavoce Hua Chunying sono parsi poco propensi a condannare l’impresa di conquista del Nuovo Zar, rifiutando la definizione di “invasione” e dichiarando di comprendere “la preoccupazione della Russia sulle questioni di sicurezza”. Ora, prima di cadere in semplificazioni e mistificazioni di ordine politico, ideologico o anche solo geografico (nell’eterna contrapposizione tra Est e Ovest, Regime e Democrazia, Comunismo e Liberalismo) bisogna ricordare che tanta comprensione non può nascere dalla sola corrispondenza d’amorosi sensi che alberga i cuori di Putin e Xi Jinping, piuttosto è bene tenere a mente che la storia la fanno gli interessi futuri e gli interessi contingenti dei suoi protagonisti.
Secondo diversi analisti la Cina starebbe osservando le mosse degli Stati Uniti d’America in vista di una possibile, e analoga, invasione del regime nell’isola di Taiwan: lo stretto di Taiwan divide questo Stato insulare dal resto del continente asiatico e dalla Repubblica Popolare Cinese. Oggi è uno Stato indipendente e le radici della sua sovranità affondano nel 1949, quando il partito nazionalista del Kuomintang si rifugia appunto sull’isola dopo la vittoria dei comunisti sulla Cina continentale, fondando un’altra Repubblica (di) Cina. Da allora la questione si è andata complicando, gli Stati Uniti d’America infatti hanno fatto di Taiwan un proprio avamposto sull’Asia (fornendo armi, denaro e tecnologie e ricevendo in cambio il lasciapassare nelle acque circostanti) garantendosi un posto in prima fila di fronte l’impero di Xi jinping, ma la Cina continua a rivendicare il dominio su Taiwan, che le garantirebbe invece il controllo sul Pacifico e nuove rotte commerciali verso il continente europeo. Il passo è breve e le analogie sono forzate ma non troppo, certo non è difficile comprendere la reticenza cinese a parlare di invasione della Russia sull’Ucraina.
Come abbiamo detto a muovere le fila di tutti i tempi, però, sono gli interessi e se quelli futuri della Cina sono da rivedere nel destino di Taiwan, altrettanto imponenti sono i suoi interessi attuali e per quanto le relazioni sino-russe siano assai buone, la Cina è paese amico anche dell’Ucraina e negli ultimi giorni le dichiarazioni dei suoi alti funzionari hanno preso pieghe più moderate. Ricordiamo che l’Ucraina è il terzo partner commerciale della Cina in tutta l’Eurasia (dopo Russia e Kazakistan) e ha aderito al progetto delle Nuove Vie della Seta del 2017.
Che Putin abbia commesso degli errori di calcolo è evidente, il conflitto con l’Ucraina non si risolverà in breve e la sua stessa popolarità potrebbe uscirne colpita, così Wang Yi si è aperto al dialogo con il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba. Durante la conversazione telefonica, avvenuta il 1 marzo, Kuleba avrebbe chiesto alla Cina di intercedere presso Mosca e fare pressione affinché il conflitto cessi il prima possibile e, sempre Wang Yi ha chiarito la posizione di Pechino in soli cinque punti: la Cina condanna le ostilità tra Ucraina e Russia, ribadisce il rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale di ogni Paese, la cui sicurezza non può essere danneggiata da altri Stati sovrani, sostiene una risoluzione diplomatica tra Kyiv e Mosca, ha espresso preoccupazione per i civili e per i cittadini cinesi in Ucraina ed infine si impegna a intensificare i propri sforzi diplomatici per porre fine alla guerra.
Si sa che anche le più intense corrispondenze amorose risentono dei tempi ostili e sebbene Xi Jinping e Putin siano a capo di due stati all’apice della reciproca intesa, non sono formalmente legati da nessun tipo di alleanza e il commercio cinese con la Russia, di 146,9 miliardi di dollari nel 2021 resta inferiore di almeno un decimo del totale di 1,6 trilioni di dollari garantiti alla Cina dai commerci con gli USA e l’UE: quanto basta per dimenticare gli interessi futuri, concentrarsi su quelli presenti e dimenticare gli amorosi sensi.
Di Iolanda Nunziante
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