La pastiera tradizionale napoletana, la storia e i segreti del Maestro Ciro Scarpato
Il grano, la ricotta, le uova, il millefiori. Solo a pensarci si sente già l’odore della pastiera, l’odore della Pasqua napoletana, quella più tradizionale, del rito della preparazione di tutte le specialità pasquali della tavola partenopea, quelle che impegnavano le massaie per tutta la Settimana santa.
Ma come nasce la pastiera?
Come tutte le preparazioni tradizionali le origini si perdono nel tempo e certamente non è possibile identificare un luogo e un tempo univoco in cui essa sia nata. Si è trattato certamente di un perfezionamento raggiunto nel corso dei secoli, probabilmente come spesso capita si è trattato di una variazione o contaminazione di una preparazione più antica. Lo stesso nome è incerto, alcuni lo fanno risalire all’Unione di “pasta” e “ieri” a voler ricordare l’utilizzo di una ingrediente di recupero, anche in considerazione di alcune varianti (o primigenia ricetta?) che prevedono l’utilizzo della pasta al posto del grano.
In verità questa ipotesi appare abbastanza fantasiosa e basata solo sul facile gioco di parole dato dal nome.
Qualcosa di simile alla pastiera era presente già in antichità, quando pietanze preparate utilizzando quasi gli stessi ingredienti venivano preparate come offerta, durante le cerimonie in onore delle divinità pagane. La pastiera antica sicuramente non era come la conosciamo oggi, basti pensare che in un ricettario della fine del ‘600 ad opera di Antonio Latini questa è fatta oltre che con grano, ricotta, zucchero e uova anche con pistacchi, e addirittura, pepe e parmigiano, il tutto avvolto in un guscio di pasta di marzapane. Non sappiamo se questa fosse una delle tante varianti esistenti all’epoca o l’unica preparazione “alla napolitana” come ci dice l’autore. Qualcosa di più simile alla pastiera moderna ce la tramanda Ippolito Cavalcanti nel suo trattato Cucina teorico-pratica pubblicato nel 1837, ma subito dopo ci informa della variante rustica con provola grattata al posto di canditi e zucchero.
La pastiera “moderna”, come la conosciamo noi, nasce probabilmente tra il XVI e XVII secolo, in uno dei tanti conventi presenti Napoli, dove stuoli di suore si dedicavano, soprattutto nelle ricorrenze festive, alla preparazione di dolci da distribuire alla popolazione, o da vendere. La stessa grata, disegnata in superficie con la pasta frolla avanzata, ricorda quelle presenti ogni giorno davanti agli occhi delle monache, che separavano la clausura dalla mondanità. Ogni convento aveva la propria specialità e pare che la pastiera più rinomata fosse quella che usciva dalle cucine di San Gregorio armeno.
Dai conventi, il segreto della preparazione si diffuse fino a diventare patrimonio di tutte le famiglie napoletane. Da tradizione la pastiera veniva preparata il giovedì santo e consumata solo la domenica. Per farla si partiva dai chicchi di grano crudi, che dopo una lunga preparazione effettuata nei giorni precedenti, divenivano uno degli ingredienti principali. Oggi esiste in vendita il grano già cotto, che facilita molto il lavoro, ma la preparazione della pastiera resta comunque un rito collettivo da celebrare nella propria casa o nelle pasticcerie artigianali.
Quest’anno sarà ancora di più un rito squisitamente domestico a causa dell’emergenza che stiamo vivendo, che ha già cambiato molte nostre abitudini e fatto tornare in auge la preparazione casalinga di molti cibi che ormai eravamo abituati ad acquistare già pronti. Per questa Pasqua molte più persone si cimenteranno nella preparazione della pastiera. Molte sono le ricette e le varianti sviluppatesi nel tempo, e come di consueto in questi casi ognuno ha la sua, che è ovviamente la più buona. Ma tra le tante varianti che si conoscono oggi qual è la vera pastiera tradizionale?
L’abbiamo chiesto a Ciro Scarpato, maestro pasticciere dalla pluridecennale esperienza, che ci ha già fatto dono della sua ricetta, e di tanti consigli per aiutarci a fare la vera pastiera tradizionale napoletana.
La ricetta che ci regala Don Ciro parte dalla preparazione del grano, ma volendo è possibile usare anche quello già cotto in barattoli. “in realtà esistono anche diverse varianti che al posto del grano prevedono l’uso della pasta o anche il riso o il farro. C’è poi anche chi preferisce frullare parte del grano dopo la cottura o chi aggiunge una porzione di crema pasticciera al ripieno”.
Ma parliamo ora della ricetta tradizionale: “La lavorazione prevede la preparazione preliminare della crema di ricotta e della pasta frolla da farsi rigorosamente il giorno prima di preparare la pastiera vera e propria, in modo da dare il tempo agli ingredienti di raggiungere la giusta maturazione e amalgama”.
I primi due segreti che apprendiamo da don Ciro riguardano la preparazione della pasta frolla. “questa è spesso trascurata, e soprattutto in casa, se ne prepara un tipo ordinario. Questo è un errore perché per una buona pastiera è importante che il guscio sia morbido e succoso, deve quasi fondersi col ripieno altrimenti abbiamo fatto una crostata.”
Per una perfetta pasta frolla da pastiera “è fondamentale l’utilizzo di una farina debole, cioè a basso contenuto di glutine e, anzi, se si ha a disposizione solo una farina forte (detta per dolci) consiglio di indebolirla con fecola di patate”.
Ma non solo, “un’altra particolarità rispetto alla pasta frolla ordinaria è l’utilizzo di un ridotto numero di uova con l’aggiunta di acqua nell’impasto. Però attenzione, questa pasta frolla è più delicata e non bisogna maneggiarla troppo per evitare di rovinarla”
Altra diatriba che spesso accende gli animi è sulla ricotta. Quale usare? “Io consiglio quella vaccina poiché il vero sapore della pastiera deve essere equilibrato. Il gusto della ricotta non deve diventare preponderante, cosa che avviene con la ricotta di pecora e quella di bufala, il cui uso si è diffuso più di recente“.
Anche per la preparazione del grano cotto don Ciro ci rivela un segreto: “la cottura del grano oggi viene fatta con l’aggiunta di latte, ma questa è una operazione inutile per due motivi: il primo è che andremmo a contrastare la scelta della ricotta vaccina aumentando la quota di grassi a scapito dell’equilibrio finale, e la seconda è che il latte ossidandosi ridurrebbe la durata della pastiera, che va conservata, lo ricordo, a temperatura ambiente”.
Si passa quindi alla preparazione del ripieno che “nella vera pastiera tradizionale deve essere ben umido e succoso, mai secco”, per farlo si unisce il grano cotto alla crema di ricotta e, dopo aver aggiunto gli altri ingredienti, lo si versa nelle tortiere foderate di pasta frolla, e le si decora col tradizionale disegno a rombi, infine si cuoce.
A questo punto bisogna frenare la golosità poiché Don Ciro ci consiglia di attendere almeno un giorno prima di assaggiarla, in questo modo tutti gli ingredienti avranno il tempo di amalgamarsi tra di loro e la pastiera raggiungerà la giusta consistenza.
“Però se volete davvero rispettare la tradizione, mangiatela direttamente domenica”.
Qui la ricetta completa della pastiera napoletana di Don Ciro Scarpato
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.