In questo paese, così come purtroppo altrove, non si è più capaci di scindere due eventi differenti ed affrontarli ognuno nel proprio contesto e per la loro relativa importanza, bisogna per forza schierarsi politicamente e contrapporli, o forzare all’inverosimile il buon senso, schiacciandolo sotto il peso asfissiante del luogo comune.
Ecco quindi che, le schiere di indignati del web e abili artefici del forzoso scetticismo, all’unisono pubblicano ciò che più li colpisce e conviene e, senza ragionarci più di tanto, diffondono ai quattro venti quello che a loro avviso è una incontrovertibile verità, quasi sempre accompagnata da un’immagine eclatante con un breve e striminzito testo; perché si sa, troppe parole, oltre a non essere lette, talvolta aiutano anche a ragionare, mentre le foto e i video, se ben pilotati, colpiscono meglio nel segno ed entrano nelle menti pigre di chi ama inveire solo da lontano.
Se quindi nel mondo esiste gente che muore di fame, perché contrapporla agli eventi di Notre Dame? Qual è il nesso? I soldi stanziati per la ricostruzione e non investiti per quei poveri bambini africani? Ma c’è già chi se ne occupa, e tra questi, tra l’altro, ci sono anche le ONG, quelle che gli stessi benaltristi accusano di trarre profitto dalla loro cooperazione. E dire che spesso, chi sostiene tutto ciò è lo stesso che auspica la chiusura dei porti ai migranti africani, sono gli stessi che, ancora una volta, contrappongono le immagini dei bimbi africani denutriti (speso usando anche foto decontestualizzate e anacronistiche) ai presunti ricchi palestrati dei barconi, per la serie: comme l’avota e comme l’aggira teneno sempe ragione loro!
Se poi esistono altri monumenti andati in fiamme per dolo, per colpa o per la guerra, perché contrapporgli il disastro di Notre Dame? L’una cosa non esclude l’altra e la sofferenza dovrebbe essere la medesima per chi vi assiste, in Siria come in Francia. Invece no, c’è Sgarbi che l’ha detto! E infatti il redivivo santone del politicamente scorretto e paraculo senza pari dà la pezza d’appoggio a chi ha trovato la sua ragion d’essere nell’odio pilotato e nel tifo ed ha assunto a nemico numero uno della patria, non la mafia, non la camorra, ma l’odiato transalpino.
L’assunto del più mediatico e controverso dei critici d’arte e di chi lo segue è quello che la cattedrale francese è bruciata altre volte nel corso della sua storia ed è frutto di ricostruzioni più recenti e che questo minimizzerebbe i danni. Quindi, in base a questo ragionamento, se bruciasse (e Dio ce ne scampi!) il San Carlo, che bruciò anche nel 1816, il danno sarebbe minore e trascurabile perché frutto di una successiva ricostruzione, e così varrebbe col Palazzo Reale, e così con tutte quelle vestigia che col passare dei secoli, se non dei millenni, hanno subito modifiche; dagli scavi di Pompei ed Ercolano agli edifici in stile umbertino e quelli del Ventennio, senza per questo valutare che quelle ricostruzioni sono esse stesse un patrimonio, ma tutto ciò, i discepoli di Sgarbi e del benaltrismo, non lo sanno e non lo vogliono neanche sapere.
Se esiste quindi qualcosa di sbagliato nel mondo e che ci rode l’anima, perché scegliere un nemico immaginario e attribuirgli tutti i mali di questa terra? Solo per fare i bastian contrari di turno? Forse perché non abbiamo di meglio da fare?
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