La Rotonda, lo straordinario Battistero paleocristiano di Nocera Superiore
Ci sono arrivato in bicicletta di buon’ora non e non mi aspettavo di trovarlo aperto. Non c’era nessuno nemmeno un custode, forse l’aprirà il sacrestano della parrocchia vicina. Bici in spalla scendo la lunga scalinata che porta al sagrato, sottoposto di circa 4 metri alla strada, facendo attenzione a non scivolare per via delle tacchette delle scarpette. All’ingresso solo il libro delle presenze e un biglietto con la richiesta di un’offerta per il mantenimento del monumento. Sfilo le scarpette per non fare rumore ed inizio ad aggirarmi in questo stupendo spazio antico.
La Rotonda
Il Battistero è detto anche “la Rotonda” per la sua pianta circolare del diametro di 24 metri. Al centro c’è la vasca ottagonale nella quale si riceveva il battesimo per immersione secondo il rito cristiano antico. Tutt’intorno un giro di 15 coppie di colonne raccordate da archetti a tutto sesto. Altre cinque colonne e tre basi superstiti sono disposte sugli otto vertici del Fonte.
Il tutto è dominato da una spoglia cupola a calotta che a 15 metri di altezza mostra il simbolo di Cristo: una croce greca fatta con due file di mattoni annegati nella muratura. Disposte in circolo intorno ad essa otto finestre illuminano misticamente l’invaso.
Da quella ad oriente un raggio di sole sta quasi per illuminare l’altare, chissà se è un caso o c’entra il calcolo degli architetti e l’ormai prossimo solstizio d’estate.
Certo la geometria è strana. Pur essendo a pianta centrale non c’è un asse privilegiato di percorrenza. L’ingresso e l’abside sono orientati su raggi diversi per cui lo spazio si percepisce sempre in maniera dinamica e per ammirarlo devi percorrere radialmente l’ambulacro perimetrale, voltato a botte, per poi infilarti tra le colonne e aggirare il fonte battesimale, il cui esterno è decorato con motivi geometrici cruciformi tra cui spicca una croce gemmata con i simboli Α-Ω, l’alfa e l’omega, la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, l’inizio e la fine.
La fondazione
Il Battistero risale all’epoca bizantina e fu edificato molto probabilmente intorno alla metà del VI secolo. Si tratta di un monumento poco conosciuto e spesso trascurato dalla storiografia eppure la sua importanza storico artistica è di notevole portata. Ricorda altri più famosi di Roma e di Ravenna. Più famosi sicuramente ma non per forza più importanti. Lo stesso fonte battesimale per dimensione è il secondo più grande d’Italia dopo quello lateranense. E d’altronde a pochi chilometri da qui c’era, e c’è ancora, il più antico battistero d’occidente: San Giovanni in fonte oggi in Santa Restituta nel Duomo di Napoli.
Anche qui c’era un vescovo e un duomo o almeno una chiesa sede episcopale della quale però non sono ancora state trovate evidenze archeologiche. Ci sono invece tracce di un più antico edificio romano, forse una villa, sul quale fu edificato il battistero. Di questo sopravvivono alcune pavimentazioni a mosaico riportate alla luce sotto il pavimento marmoreo del Battistero.
Pavimento che come tutti gli elementi marmorei, ad eccezione della vasca, proviene da altri edifici e templi classici presenti nei dintorni in quella che era la città romana di Nuceria Alfaterna, e sicuramente non più in uso. Colonne con capitelli e basi, lastre e trabeazioni rinascono qui a seconda vita.
Probabilmente già nell’alto medioevo fu adattato a chiesa e divenne parrocchia col titolo di Santa Maria Maggiore.
Attraverso i secoli
Oggi appare sostanzialmente spoglio con pochi elementi decorativi superstiti, gli intonaci rimossi che mostrano le tessiture e ritessiture della muratura, i marmi dei pavimenti sui quali mi aggiro a zig zag sono scheggiati in più punti a causa della caduta di altri marmi posti in alto e per diversi crolli delle murature succedutisi nei secoli. Sì perché la Rotonda ha attraversato quasi indenne non pochi avvenimenti storici che spesso ne hanno messo a rischio la sopravvivenza. Ha affrontato alluvioni, terremoti ed eruzioni del Vesuvio (anche l’ultima del 1944 che provocò il crollo parziale della cupola). Ma ha rischiato di scomparire anche per mano umana.
La tradizione vuole che Ruggiero II il normanno quando finalmente al secondo tentativo riuscì a conquistare Nocera nel 1138 la rase al suolo appiccando un incendio anche alla cittadella vescovile, ma cedendo alle suppliche della moglie Sibilla di Borgogna fece risparmiare il solo Battistero. Chissà se andò davvero così ma di certo un altro pericolo lo corse durante la costruzione della reggia di Caserta quando ne venne ipotizzato lo smembramento per riutilizzarne le colonne di marmo antico. Fortunatamente fu lo stesso Vanvitelli a bocciare l’operazione.
Meta di studiosi e letterati
Molti sono stati i personaggi illustri e gli studiosi che hanno affrontato un viaggio spesso avventuroso per visitare questo straordinario monumento dell’antichità. Da Johann J. Winckelmann che rimase colpito dai capitelli compositi con delfini, a l’Abbé de Saint-Non il quale pubblicò anche un’incisione del Battistero nel suo monumentale Voyage pittoresque. Nel 1834 fu la volta del danese Hans C. Andersen l’autore de “La Sirenetta” che visitò il battistero e ne trasse anche un rapido schizzo. Nel 1842 il pittore Théodore Duclère poi immortalerà il complesso in un bell’acquerello nel quale spicca anche un campanile oggi scomparso.
In epoca più recente il monumento suscitò l’attenzione di un altro scandinavo, re Gustavo VI di Svezia che era anche un archeologo e che nel 1964 si trattenne qui due giorni per studiarlo.
Un progetto aureo
Di certo come tutti gli edifici antichi non è sempre stato come lo vediamo oggi. Infatti L’aspetto attuale è dovuto principalmente ai lavori di sistemazione iniziati negli ultimi anni del regno borbonico e completati nei primi anni dell’Unità d’Italia. Uno dei dubbi che resta agli studiosi è la collocazione dell’originario ingresso poiché quasi con certezza quello attuale fu ricavato per adattamenti successivi già in epoca antica.
Oltre all’abside superstite nella quale in epoca a noi più vicina fu sistemato l’altare, vi erano in passato altre due absidi disposte radialmente e individuate tramite le tracce archeologiche.
Di certo l’abside attuale doveva avere una maggiore importanza (secondo alcuni studiosi era l’originario ingresso) perché le colonne ad essa corrispondente sono poste tra di loro ad una distanza maggiore delle altre e ciò non può essere frutto della successiva soppressione di una coppia di colonne, né tantomeno una casualità poiché è stato verificato che la distanza tra queste rispetta i rapporti della Sezione Aurea.
Gli affreschi medievali
Accanto all’ingresso ci sono due piccole cappelle affrescate, testimonianza della trasformazione in chiesa, una delle quali fino alla fine dell’ottocento dava accesso ad un altro edificio, poi demolito, costruito a ridosso delle mura perimetrali che ospitava una congrega.
Gli affreschi di pieno gusto gotico risalgono forse alla fine del XIV secolo, la Madonna in trono con Bambino in grembo è detta di Realvalle perché ispirata all’iconografia di quella presente nella omonima abbazia angioina della vicina Scafati.
Un secondo ciclo illustra scene della Vita di Gesù, dalla nascita al battesimo alla passione in croce, sulla volta in una mandorla appare Cristo pantocratore.
Su un pilastro presso l’ingresso e su un piccolo altare secondario altre tracce di affreschi testimoniamo interventi effettuati nel XVI e XVII secolo.
Infine quasi mimetizzato nella muratura dell’ambulacro sinistro, ha trovato collocazione un piccolo altorilievo un tempo posto sull’altare e che rappresenta proprio Santa Maria Maggiore a cui è intitolato l’edificio sacro.
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