La vacanza dalle vacanze
A volte bisognerebbe andare in vacanza dalle vacanze perché non si può tornare dalle ferie estive in condizioni peggiori di quelle in cui si era partiti.
“Una vacanza è come l’amore – attesa con piacere, vissuta con disagio, e ricordata con nostalgia.” (Anonimo)
Chi torna dalle vacanze è notoriamente scazzato, e del resto come dargli torto? Attendi un anno intero ciò che vola via in pochi giorni e che spesso basta poco per essere rovinato. Ad ogni modo non tutti gli scazzati sono uguali, il più scazzato di tutti è senz’altro il povero cristo, quello che fa il pendolare e trasforma le sue ferie in un tour de force, o meglio, in una via crucis, fatta di traffico sulle statali e intasamento di ombrelloni su quel che rimane delle rarissime spiagge libere ancora esistenti. Questi contende il primato dello scazzamento con il rassegnato, colui che in villeggiatura forse ci va pure, magari in un villaggio last minute con baby dance h24 e moglie petulante, o con i suoceri a Scalea; ed è quello che dopo una settimana di passione e sudore, in un antro senza aria condizionata e con un ventilatore scassato lasciato lì per pietà, ritorna a casa, col cuore in gola e il fegato ingrossato, proprio l’ultimo giorno utile prima di tornare a lavoro.
Poi c’è il cuozzo, colui che non può accettare, o non può darlo ad intendere, che anche lui deve tornare al lavoro e alla sua vita grama, mascherata da ostentato, chiassoso e finto ottimismo naif, di auto truccate e musica dance ad alto volume. Lui però, contrariamente agli altri vinti dalla vita, sa che il prossimo fine settimana riguadagnerà la sua fetta di sballo e presunta libertà, in una discoteca o nella sua roboante FIAT Punto dalla centralina modificata e con la sua Tennent’s d’ordinanza.
Il salto di qualità, da scazzato a scazzante lo facciamo però col chiattillo, lui in vacanza ci sta praticamente tutto l’anno anche se, il ritorno da Palinuro, Acciaroli, Ischia, o da qualsiasi altro luogo chic abbia trascorso le sue vacanze (rigorosamente presso la dimora paterna, là dove ha vissuto ogni estate della sua vita) per lui, dicevamo, è sempre una festa, o meglio, è sempre come una festa, dove, invece di ostentare l’abito o la ragazza nuova, sfoggia la sua abbronzatura, fuori al bar, ritrovo degli altri chiattilli, scazzanti come lui e che, come tanti lemuri di Madagascar ridono scherzano e zompettano, invadendo la strada mentre rassegnati e poveri cristi tornano dalle loro meschine vacanze.
Poi c’è il saccente, anche lui a modo suo è uno scazzato ma non lo dà a vedere, lui è quello che sta chiuso in casa tutto l’anno, che vede il mondo solo in tv, vedendo “Alle Falde del Kilimangiaro” ed è quello che ha fatto l’ultimo e unico viaggio della sua vita in luna di miele ma, ora che ne ha avuto l’opportunità, si prende una rivalsa contro il mondo e la malasorte, vantando finalmente conoscenze da guida turistica di uno di quei tanti luoghi, molto spesso esotici, dove è riuscito finalmente ad andare, rigorosamente in branco, e vantando conoscenze degne di un autoctono. Per lui Sharm el-Sheikh è più confidenzialmente Sharm e preferisce Formentera ad Ibiza, perché ormai questa non si porta più e, a Tunisi, gli hanno offerto 30 cammelli per sua moglie!
Poi ancora c’è l’abitudinario, ovvero colui, o colei, che va in vacanze sempre nello stesso posto da almeno un ventennio. Questi lo fanno assieme a tanti altri come loro e che spesso gli sono addirittura concittadini, in pratica trasferendo la città d’origine nella località vacanziera, trasformandola in una succursale del luogo natio o della propria residenza. Per loro stessa ammissione la vacanza è sempre monotona ma, come una coperta di Linus, non possono fare a meno della loro routine balneare, così come di quelle stesse facce di tutti gli anni, di coloro che gli daranno sempre ragione sul fatto che ormai non esistono più le mezze stagioni. Il suo venir meno sconvolgerebbe la loro stessa esistenza.
Poi c’è il più grande di tutti, c’è il maschio alfa (o la femmina alfa se vogliamo essere almeno in questo caso politicamente corretti), ovvero colui (o colei) che viaggia intorno al mondo ma senza capire niente di ciò che vede (e spesso neanche ciò che fa), perché il viaggio per loro non è conoscenza o condivisione ma è esclusiva gratificazione del proprio ego. Loro sono stati in ogni angolo del mondo (del resto è solo un problema di soldi) ma non vanno in vacanza quando ci vanno gli altri, perché loro non si confondono con la folla, loro seguono il ritmo del Monsone e non quello del sol leone, ma nulla gli sarà rimasto di quell’esperienza se non il selfie scattato con i locali per dimostrare di essere cittadini del mondo quando poi non si è neanche padroni di se stessi.
A conclusione di questa mesta quanto incompleta graduatoria dello scazzo, c’è l’asociale quello che se ne sta a casa durante tutte le vacanze, ma non perché non può ma perché non vuole. Se ne sta bello fresco sotto un’aria condizionata battente e una birretta sempre fredda all’occorrenza (concetto ormai abbandonato dai nostri bar in virtù della crisi energetica e di un’atavica cazzimma). La pace regna con lui che si gode la città pressoché svuotata del Ferragosto ma, ahinoi! Anche chiusa per ogni necessità ed emergenza e quindi, se l’asociale non avrà fatto le scorte di birra e salsicce, dovrà per forza di cose socializzare con qualcuno, perdendo la sua integrità da eremita e optando per l’ausilio e la solidarietà del cenobita (ancor meglio se una cenobita) della scala di fronte.
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