#Plastic free

Monnezza a Quota 1000 (foto di C.Teodonno)

L’ambientalismo nostrano continua ad essere una scatola vuota, vuota come i tanti involucri ed imballaggi che troviamo lungo le nostre strade di città, così come ai margini dei sentieri delle nostre aree protette. Perché la tutela ambientale deve ridursi al solito roboante ed inutile slogan?

Domenica scorsa, ho fatto la mia consueta escursione in montagna e, come spesso accade, sono andato lungo i sentieri del mio Vesuvio. Sono salito sui Cognoli di Ottaviano, sono sceso nella Valle dell’Inferno per poi risalire verso il Gran Cono.  Inutile dirvi lo spettacolo, e anche per me, avvezzo agli scenari che solo il Vesuvio può offrire, non mi abituerò mai alla bellezza della mia terra e sarà sempre un’emozione percorrerla.

Detto ciò, passiamo alle dolenti note e la ragione per cui scrivo quest’articolo; arrivato a Quota 1000, passo dalla quiete della caldera del Somma al suq dello spiazzale, bancarelle dalla dubbia tipicità, bagni chimici, grossi bus in manovra, folla, rumore, polvere e tanto gas di scarico. Entro in un bar per riempire una delle mie borracce di metallo e mi dicono che le bottiglie di plastica non le vendono più: “noi siamo plastic free!” – mi si dice – “voi lo sarete – rispondo io – ma fuori mi sembra il contrario!” – “ Nuje facimmo ‘o nuosto” – ribatte il tatuato ragazzotto al di là del bancone – “e pure tiene ragione!” – rispondo io; ognuno del resto dovrebbe fare la sua di parte e mi rassegno  a spendere 10 euro d’acqua in lattine (1 lattina da 33 cl al prezzo di 1€) tra la borraccia da un litro e mezzo, il rabbocco dell’altra e per placare la mia sete per i fino ad allora 15 km percorsi sotto l’arsura estiva.

Riprendo la mia ascesa al Gran Cono ma non posso fare a meno di notare alcune cose. La prima è che la plastica a terra c’è ancora, e non solo! Ora ci sono anche le lattine ammaccate di acqua e di altre bibite ma il colmo è stato quando, alla mia sinistra, prima di arrivare al varco delle guide, trovo un centinaio di bustoni di plastica contenenti altra plastica ed altro tipo di rifiuto, e il tutto separato da una telo, da foto suggestive del Vesuvio e da un ironico “Welcome to Vesuvio”.

Giusto di fronte a quella che potremmo definire, per quantità e dimensioni, una micro-discarica, c’era in bella mostra uno stand dei Carabinieri Forestali con la scritta in evidenza: “Io sono ambiente”. Al lato dello stand c’era una sorta di vetrinetta che raccoglieva animali imbalsamati, zanne d’elefante ed altri manufatti di origine animale anch’essi dall’aspetto esotico. Una camionetta e due vetture dell’Arma che, visto lo scempio davanti ai loro occhi e le tante discariche facilmente riscontrabili soltanto all’interno dell’area parco, avrebbero potuto essere utilizzati in maniera senz’altro più costruttiva.

Capisco che la moltitudine umana produce per forza di cose tanto rifiuto ma, se mi parli di Plastic free sarebbe più giusto parlarmi anche di garbage free perché di certo la visione e l’olezzo presenti in quel luogo non erano il miglior biglietto da visita per uno dei luoghi naturali più visitati al mondo. Capisco pure che da qualche punto bisogni pure incominciare ma non capisco perché le nostre istituzioni comincino sempre da un determinato punto ma rimangano sempre al punto di partenza.

Arrivo in cima al cratere e anche qui il percorso è costellato di lattine di alluminio ed altro rifiuto ancora e, salendo mi domandavo – va bene il plastic free ma il problema reale qual è la plastica o la sua mancata raccolta? – Se io sostituisco la plastica con l’alluminio e questo rimane comunque a terra, il problema ambientale permane. La plastica, così come l’alluminio inquinano ma possono essere comunque riciclati, il problema quindi non è la plastica, ed è quindi legato, non solo all’inciviltà di chi lascia i rifiuti nell’ambiente, ma anche al fatto che non esista una reale raccolta differenziata; e ne è la dimostrazione il fatto stesso che con la saturazione di Tufino e la paventata chiusura del termovalorizzatore di Acerra è andato in tilt un sistema di raccolta tutt’altro che virtuoso, questo almeno nella realtà dei fatti e non sulle carte e le chiacchiere della propaganda.

Sulla via del ritorno, lungo i pochi e raffazzonati cantieri degli operatori forestali di SMA Campania e Città Metropolitana, in mezzo a legna che difficilmente verrà esboscata ancora una volta non posso fare a meno di notare i bicchierini di plastica usati dalle maestranze per la rituale pausa caffè, le bustine di gel degli atleti che si allenano lungo le vie del Vesuvio, i nastrini sempre di plastica delle gare e degli escursionisti, messi per segnare i sentieri e tanto altro ancora limitandomi soltanto al non biodegradabile e presente lungo il mio percorso.

Inutile dirvi che lo scenario di Quota 1000, in pieno parco nazionale, in piena riserva integrale UTB, è soltanto la punta dell’iceberg; in area parco, lungo le vie carrozzabili e nella fascia pedemontana esistono centinaia di micro-discariche e ben cinque discariche storiche mai bonificate. Davanti tutto ciò lo slogan del Plastic-free ci sembra, nel migliore dei casi, un nascondersi dietro il proverbiale dito più che affrontare concretamente i reali problemi di un parco nazionale tra i più antropizzati al mondo.

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