San Zaccaria, San Francesco e la (mezza) bufala della chiesa demolita
La scorsa estate fece scalpore una polemica nata su Facebook relativa all’abbattimento di un antico borgo rurale situato nel comune di Giugliano allo scopo di realizzare un nuovo complesso immobiliare. Il cosiddetto villaggio San Zaccaria stava andando già a colpi di ruspa e con esso l’antica masseria, le case coloniche, il pozzo e la chiesa intitolata a San Francesco d’Assisi.
Come spesso accade in questi casi l’indignazione e lo sdegno montarono velocemente a furor di condivisioni di post, generando la solita levata di scudi di politici, sempre all’oscuro di tutto ma sempre pronti a cavalcare ogni protesta quotidiana ai fini della visibilità salvo dimenticarsene il giorno dopo, pronti a passare alla prossima “battaglia civica” del web.
San Zaccaria
Il Villaggio nacque agli inizi del XVIII secolo e sulla mappa dell’agro Napoletano redatta dal cartografo Giovanni Antonio Rizzi Zannoni nel 1793 è indicato come Zaccarino, appare come un complesso immobiliare con al centro una chiesa e diversi edifici tra i quali ne risalta uno di dimensioni notevolmente maggiori, probabilmente la masseria vera e propria con mulino, cellaio, e residenza del Barone Orineti, fondatore del villaggio.
Nelle intenzioni del fondatore il complesso doveva essere una sorta di comunità agricola autonoma ma che non ebbe mai un grande successo a causa della mancata bonifica di quelle terre e fu presto abbandonato dai coloni che vi erano stati trasferiti, con la conseguente decadenza degli immobili.
Fino al luglio scorso ciò che restava di tutto il Villaggio erano i ruderi della masseria, quelli della chiesa e la Vera di un pozzo con pilastrini e cupoletta. Le case coloniche distribuite tutt’intorno erano già sparite da tempo.
La (mezza) bufala delle demolizioni
Il territorio dell’antica Terra di Lavoro è storicamente popolato di bufale allevate per produrre l’ottima mozzarella omonima. Ma qui ci riferiamo ad un altro tipo di bufale meglio conosciute come fake-news. Infatti il gran battage mediatico che si è fatto mentre le demolizione avevano corso ha portato a credere che a noi era giunto tutto l’intero villaggio e che si stesse procedendo alla sua demolizione completa. Ovviamente coloro che hanno cavalcato questa battaglia non hanno prestato la minima attenzione all’approfondimento, a capire di cosa stessero parlando prima di lanciare strali contro questo o quell’altro. Il fatto è che a costoro la verità non interessa, l’importante è farsi sentire.
Peggio ancora, non importa se lo si fa senza alzarsi dalla sedia per verificare coi propri occhi. L’importante è condividere il post e urlare qualche frase standard.
Senza voler entrare nel merito delle motivazioni dell’abbattimento vogliamo solo fare una breve riflessione logica, di pura constatazione dei fatti. Se determinati beni arrivano ai nostri giorni in condizioni di fatiscenza è perché semplicemente alla nostra Società tali beni non interessano perché non ”servono” più. È inutile indignarsi e piangere sul latte versato quando poi si decide di rimuoverli per fare altro. Il problema della Tutela non si risolve in questi momenti, ma prima.
Dunque la realtà è ben diversa da ciò che è stato raccontato. Ciò che restava della masseria, abbandonata da moltissimo tempo ed ormai fatiscente, è stato effettivamente demolito nel luglio 2020 ma contrariamente a quanto si è scritto la demolizione non ha riguardato la chiesa di San Francesco né la vera del pozzo, entrambe situate dall’altro lato della strada rispetto a dov’era la masseria. Questa è l’ennesima dimostrazione che bisogna conoscere e toccare con mano ciò di cui si ritiene di voler parlare, altrimenti si alimentano polemiche a colpi di fake news che lasciano il tempo che trovano e creano solo danni maggiori.
La chiesa che non c’era più
Appena le restrizioni dovute ai vari lockdown ce l’hanno consentito ci siamo recati sul posto per verificare di persona la realtà dei fatti. Ebbene, a meno di non essere entrati in un loop spazio-temporale abbiamo trovato al suo posto la chiesa che secondo alcuni non c’era più.
La chiesa di San Francesco d’Assisi risale anch’essa al settecento, ma fu costruita probabilmente su un impianto più antico. Ciò che ne resta oggi è avvolto in un ammasso di edera che costeggia la via Grotta dell’Olmo.
Aggirati gli immancabili rifiuti, si può accendere da una porticina laterale che immette al centro della navata. L’impianto è a croce latina con due cappelle laterali ed oggi è un rudere a cielo aperto nel quale sopravvivono le mura perimetrali con qualche decorazione in stucco tardobarocca e le membrature della crociera che sostengono una calotta affrescata. Il resto sono calcinacci, sversamenti di Eternit e elettrodomestici, rovi ed edere che avvolgono il tutto.
Dunque ciò che resta della chiesa è ancora lì, certo, ma ciò non vuol dire che va tutto bene, che possiamo essere contenti e soddisfatti, il suo destino appare comunque segnato. Tranne qualche studioso e pochi sinceri appassionati la Società l’ha dimenticata, ennesimo inutile relitto del passato destinato al crollo.
Crollo che per qualche giorno genererà nuovi post indignati, dichiarazioni di politici e interrogazioni parlamentari, fino al prossimo argomento da cavalcare. Seduti in poltrona.
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