Sant’Anastasia: l’Olivella dimenticata
La vera storia di un luogo tanto famoso quanto abbandonato a se stesso. Le cosiddette sorgenti dell’Olivella, antico luogo di scorrimento di acque piovane e di culti ancestrali, ridotto a luogo di scarico di rifiuti.
Il nostro Vulcano è ricco di soprese ed è un luogo dove non bisogna mai dar niente per scontato, là dove natura e uomo hanno per millenni costruito un qualcosa di unico. Il connubio uomo/natura è facilmente riscontrabile lungo le pendici da sempre antropizzate del Vesuvio ma in particolar modo sul Monte Somma, parte più antica del complesso vulcanico, dove sono ancora riscontrabili i residui delle più recenti opere di ingegneria naturalistica (2001-2006), ormai consunte dalle intemperie e dall’incendio del 2017, ma soprattutto le più antiche strutture di regimentazione delle acque pluviali di genesi borbonica (1855) e completate nel 1912 dal Genio Civile del Regno d’Italia che captavano le acque che scendevano, talvolta rovinosamente, lungo i ripidi versanti sommani e in parte raggiungevano i più antichi Regi Lagni o Napoli, lungo Via argine, come accade tutt’oggi con i lagni di Pollena e Trocchia.
Vorremmo, con questo, ed eventualmente con altri articoli, trattare, nell’ambito delle nostre competenze, di quelle che comunemente vengono definite sorgenti ma altro non sono che gallerie drenanti ovvero opere di drenaggio profondo, create in caso di condizioni di vulnerabilità di infrastrutture civili o insediamenti abitativi e messe a rischio da frane di dimensioni molto estese. Stiamo parlano dell’Olivella, delle Chianatelle e quella del Fèlice. Incominceremo la nostra piccola escursione presso le più famose “sorgenti dell’Olivella”, nel territorio di Sant’Anastasia come le altre due gallerie, e punto di captazione delle acque del vallone del Sacramento. L’Olivella si trova al culmine di uno dei sentieri del Parco Nazionale del Vesuvio (il numero 10), del il quale abbiamo più volte messo in risalto il suo stato miserrimo, il fatto che sia stata ridotto in discarica e le sue acque inquinate. Questa volta però vogliamo trattare della sua funzione e della sua storia.
Come accennato l’Olivella non nasce con una funzione di approvvigionamento idrico, anche se non possiamo escludere che nei periodi di massima portata possa esser stata utilizzata come luogo per approvvigionamento di acqua potabile ma praticamente serviva per stabilizzare quel versante del Somma, altrimenti a rischio di frane e smottamenti. Le opere di drenaggio sono di origine borbonica ma permangono in un contesto che, secondo le fonti storiche, è stato da sempre interessato dallo scorrimento delle acque, in passato molto più copioso, contrariamente ad oggi ridotto ad uno stillicidio a variabilità stagionale che va poco al di sopra dello 0,1 l/s per la galleria 1, ma in passato rientravano in un più ampio sistema di canalizzazione delle acque che per un breve periodo hanno alimentato anche la reggia di Portici dove sono ancora visibili le cisterne in via della Salute.
Sta di fatto che per molti, forse anche per l’amenità del luogo, l’Olivella continua ad essere una fonte ma anche luogo di culto ancestrale. Lo sono la dimostrazione, non solo le stazioni della via crucis che portano fino alla fonte superiore (Galleria 1) ma anche le due antiche nicchie presenti nella Galleria 2. È singolare il rapporto che esiste tra chi frequenta questi anfratti, pare che là dove la terra si apra, o dove ci sia la presenza di acqua si crei un contatto tra il mondo degli uomini e l’ultraterreno e, non a caso, proprio in questi contesti, come accade alle Gavete (Somma Vesuviana) ma anche presso la fumarola di San Sebastiano, nascano culti spontanei, di pietas o vera e propria devozione mariana.
Ad ogni modo come accennato, l’Olivella consta di due gallerie, la cosiddetta Olivella 2 è quella più accessibile e nonostante sia, con i suoi 30 m circa di sviluppo complessivo, la più modesta del complesso, risulta però essere la più interessante, per morfologia e struttura architettonica.
Dall’ingresso ad arco si accede direttamente ad un’ampia camera, scavata nella roccia lavica che ne garantisce un eccellente equilibrio statico. Nella stanza è presente una vasca d’accumulo delle acque drenate, oggi non più in grado di colmarle probabilmente per la presenza di sedimento. A monte della vasca la stanza si restringe e prosegue in pendenza, dove è riscontrabile un intenso stillicidio attivo, canalizzato nella vasca tramite un sistema di tegole in cotto, cementate sul pavimento alla rovescia, che convogliano le acque di percolazione in una canaletta sulla sinistra della vasca, convogliando le acque in una piccola vaschetta secondaria che poi trabocca in quella più grande.
La Galleria Olivella 1 è anch’essa ancora oggi attiva, anche se, come sopra accennato, con una modesta portata idrica. L’acqua drenata raggiunge l’alveo del Vallone Sacramento attraverso un canale in basalto vulcanico. L’opera idraulica è articolata in due diverse gallerie: quella Ovest, lunga una ventina di metri, e quella Est, di circa 50 m. Entrambe presentano una serie di piccole gallerie laterali lunghe pochi metri. Il collegamento all’esterno dell’ipogeo avviene tramite un cunicolo con volta ad arco continuo, di diametro inferiore al metro, stabilizzata da un’opera in muratura di pietrame a secco.
Fonti
AA.VV., Opera Ipogea 1-2, 2008
AA.VV., City limits 01, 2005
Di Fusco N./ Di Caterina E., Il Vesuvio, 1998
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