Somma Vesuviana: successo per l’apertura della Villa Dionisiaca
Circa 1000 visitatori hanno affollato la Villa Dionisiaca di Somma Vesuviana in una due-giorni dedicata all’archeologia pubblica, ammirando una meraviglia del mondo antico rimasta sepolta da sabbie, lapilli, cenere e grossi blocchi di lava per secoli.
Impropriamente detta “di Augusto” o “Augustea” per la sua imponenza, la villa fu costruita verso la metà del II sec. d.C. e il suo carattere e funzione cambiarono nel tempo fino all’eruzione del Vesuvio del 472 d.C. (cosiddetta “eruzione di Pollena”), che la seppellì per oltre la metà della sua altezza.
Nel periodo fascista fu in parte scavata grazie all’interessamento di un dottore e farmacista di Somma Vesuviana, sotto la supervisione di Matteo Della Corte, direttore degli Scavi di Pompei: vennero alla luce colonne e capitelli di marmo, pavimenti in mosaico, frammenti statuari di un personaggio eroico e stucchi policromi.
Oggi della villa sono visibili alcuni ambienti dal carattere monumentale e di rappresentanza: una grande stanza costituita da un colonnato, due pareti con nicchie, un’arcata sorretta da pilastri e una parete decorata; una stanza contenente una stalla e una dispensa; un’aula absidata con fregio di Nereidi e Tritoni, dalla quale si accede a un’altra ugualmente absidata con pavimento a mosaico decorato con motivi geometrici e delfini che saltano fra le onde; una cella vinaria.
La villa è detta “Dionisiaca” perchè al suo interno è stata rinvenuta una statua di Dioniso con un cucciolo di pantera in braccio, il cui originale si trova al Museo Archeologico di Nola, e alla stessa divinità sono legati i decori della stanza più grande: questi rinvenimenti sembrerebbero attestare come il legame con il dio del vino fosse ancora in voga durante l’affermazione del Cristianesimo.
Dal 2002 è attivo il progetto di ricerca multidisciplinare dell’Università di Tokyo, con lo scavo diretto dal prof. Masanori Aoyagi su progetto del prof. Antonio De Simone.
L’ultima campagna di scavo, del 2018, ha evidenziato tracce di numerose fasi di frequentazione e di abbandono dal II sec. d.C. all’eruzione del 472 d.C.: la ricchezza e l’unicità dei reperti rinvenuti nella villa hanno aiutato a capire molto della vita alla falde del Vesuvio verso la fine dell’Impero Romano d’Occidente.
In Italia i siti archeologici non sempre sono aperti al pubblico durante lo scavo: la Villa Dionisiaca lo è perchè è un sito di una bellezza straordinaria, perchè ci vorrà ancora molto tempo prima che lo sterro dell’intero edificio finisca e per instaurare un rapporto di partecipazione con la popolazione.
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