Un napoletano sulla Francigena (parte 2a)
Santi, fanti e Madonne permettendo, si viaggia ancora in una Val D’Aosta infuocata da un’estate che quest’anno è arrivata prima anche qui. C’è però tanta acqua che scorre lungo i crinali alpini, scorre verso la Dora Baltea che scorgiamo sempre a Valle dei nostri percorsi e a valle dei nostri pensieri, quelli di quando da bambini ci facevano imparare a memoria i nomi dei fiumi italiani e dei loro affluenti; e scorre fresca e limpida quell’acqua; tanto leggera da sentirmi un pubblicitario Messner nel sollevare la mia giarretella d’ordinanza e saziare la mia sete atavica ad ogni fontana incontrata dal Colle fino ad Aosta ed oltre; sarà che dalle nostre parti le fontanine sono una rarità, ma i miei reni ne hanno trovato giovamento così come la mia anima che, per raggiungerla, bisogna quasi sempre passare dallo stomaco.
Contrariamente dal Camino de Santiago, lungo i nostri tragitti abbiamo incontrato pochi pellegrini, poche persone con le quali condividere l’esperienza e l’emozione del camminare assieme per chilometri, sotto un sole cocente e talvolta implacabile, tanto da ricordarci la temibile Meseta o il Páramo Leonés. Ci è parso strano aver incontrato solo pochi pellegrini che scendevano in direzione Roma: una madre con un figlio, provenienti da Modena e una signora incontrata fuori Aosta e che andava a velocità da competizione e che, contrariamente ai primi, ci ha lasciato come ricordo solo un laconico e malinconico buongiorno. Pazienza, il mondo è bello perché è vario e ognuno vive il cammino, così come la vita, a modo suo, ed è giusto che sia così, spetta a noi saper prendere il buono che questa ci offre, senza pretesa e senza obblighi per nessuno ma con spontanea voglia di vivere e di conoscere, così come abbiamo fatto con un’anziana signora svizzera che rinfrescava i suoi piedi nelle freschissime acque di un canale presso Nus, poche chiacchiere ma uno scambio di intesa e un saluto sentito, ricambiato in paese, in un momento di passeggio turistico; o così come è successo con il buon Marcello che ci ha salutato dalla sua casa museo, allietando la nostra strada dopo Chambave. Del resto questo è il Cammino, brevi sensazioni intense ma che restano e tornano a trovarti durante la vita.
Anche l’accoglienza lungo il tratto di Francigena che abbiamo percorso, i circa 60 chilometri che vanno dal Gran San Bernardo fino a Saint Vincent, ci è sembrata scarna, eterogenea e poco preparata ad accogliere i pellegrini, e non basta per questo un timbro per renderti hospitalero. Se paragonati al Camino de Santiago, prezzi sono troppo alti anche per chi decide di dividere il cammino a tappe, figuriamoci quindi per chi vuole arrivare fino a Roma in una volta sola. Anche i servizi lasciano a desiderare, spesso non corrispondenti al prezzo, soprattutto scarseggiano ostelli e pensioni e, una notte in hotel ad una stella, ad Aosta non può costare 100 euro come un 4 stelle a Saint Vincent.
Ma va bene così e si va avanti facendo tesoro di tutto, così come l’incontro con i proprietari dell’Hotel Florian, gentilissime persone, o come col buon Erik dell’Abri, che ospitandoci con tutti gli onori attribuiti al CAI, ci allieta con la sua fisarmonica, non prima però di aver infranto le nostre ultime velleità escursionistiche con i racconti delle sue imprese sportive di ultra maratoneta, che riducono a semplice passeggiata il nostro cammino francigeno.
Sarà che vent’anni fa eravamo più giovani e il fisico e la mente erano più forti e più leggeri, sarà che non stiamo in Spagna ma camminare è comunque bello, e per fortuna, tra la gente che abbiamo incrociato lungo i nostri percorsi c’è ancora chi saluta e chi ci consiglia sul tragitto da seguire, ciò vuol dire che la Francigena sta passando dalle carte ai cuori delle persone, magari transitando prima dalla tasca, ma va bene così, quel che importa è che i nostri passi come quelli di tutti i pellegrini scavino quel solco che traccerà la giusta via da seguire, verso Roma e verso la creazione di un pensiero comune di pace e condivisione.
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