La villa romana di Caius Olius Ampliatus e lo sconosciuto con l’anello
Non solo le più famose Pompei ed Ercolano, con Stabia e Oplonti. Le pendici del Vesuvio nell’epoca romana erano disseminate di insediamenti più o meno grandi, e soprattutto da numerose ville rustiche dedite alla produzione agricola.
Scopriamo insieme queste testimonianze archeologiche, attraverso un itinerario virtuale che iniziamo oggi, visitando la villa rustica di Caius Olius Ampliatus.
Il nome lo dice chiaramente, ma a chi percorre viale della Villa Romana, nel quartiere di Ponticelli al confine con San Giorgio a Cremano, difficilmente può venire in mente che la villa sia nascosta proprio dietro quell’alto muro in cemento armato che affianca quasi tutta la strada.
Gli Scavi archeologici
I resti della villa oggi sono assediati dagli edifici della ricostruzione post terremoto del 1980, ma fu proprio grazie al cantiere per la loro realizzazione, che nel 1986 vennero alla luce.
L’area fu interessata da una prima campagna di scavi proprio in quegli anni ed una seconda solo venti anni dopo, nel 2007. Tali scavi hanno permesso di riconoscere la presenza di ben due impianti, uno risalente al I secolo a.C., e distrutto dalla famosa eruzione vesuviana del 79, ed un altro contiguo, risalente al II secolo d.C. e che probabilmente ha funzionato fino al V-VI secolo, testimonianza del fatto che l’area fu riabitata dopo l’eruzione e prosperò ancora a lungo. In questa seconda fase fu impiantata nelle vicinanze anche una piccola necropoli.
La struttura
Del secondo impianto abbiamo solo testimonianze documentali poiché fu ricoperto dopo le prospezioni archeologiche. Della struttura più antica invece ciò che resta non è moltissimo ma sufficiente a darci un’idea di quello che era l’impianto all’epoca dell’eruzione. L’ingresso avveniva da Est e la villa era organizzata intorno a un giardino centrale con peristilio, ossia un percorso porticato su colonne, dal quale si accedeva ai vari ambienti che permettevano il funzionamento di questa “masseria” ante litteram, dedita alla produzione di vino, pane e olio.
La zona residenziale dove viveva il dominus, con cucina, triclinium (dove si consumavano i pasti), cubicolo (l’alcova) e probabilmente un piccolo impianto termale, occupava parte del lato nord, dove vi era anche un piccolo orto, mentre le restanti parti erano dedicate alle attività produttive. Gli scavi hanno portato alla luce una zona dove vi era il torchio per l’uva, celle vinarie ed olearie, il pistrinum, ovvero dove si macinava il grano per farne farina, con annesso un piccolo forno per uso solo familiare, un fienile ed altri ambienti di servizio, ed anche gli alloggi di quanti vi lavoravano.
La cella vinaria principale è ancora occupata da numerosi dolia (contenitori in terracotta per conservare le derrate o altre produzioni agricole) ritrovati ancora sotterrati, molti dei quali mostrano tracce di riparazioni avvenute già in epoca antica.
Come sappiamo a chi apparteneva?
La villa probabilmente apparteneva a un veterano di Silla, al quale furono assegnate delle terre da coltivare nel territorio vesuviano nella prima metà del I sec. Il nome però fu attribuito grazie al ritrovamento dei resti di un uomo che aveva cercato inutilmente rifugio nei sotterranei del torchio vinario, portando con se alcune suppellettili e oggetti preziosi, tra cui un sigillo anulare dal quale si è tratto il nome Caius Olius Ampliatus.
Non sappiamo se si trattava dello stesso Caius in persona o più probabilmente di un suo servitore.
Certo è che lo scheletro, a giudicare dall’usura delle articolazioni, e dalle numerose fratture ossee, ci racconta di un uomo che ebbe una vita dura e sofferta.
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